06 giugno 2020 13:31

Run The Jewels, JU$T
Il momento storico in cui esce un disco non è mai secondario. Se i Beatles si fossero messi insieme nel 1975, non sarebbero stati i Beatles. Se Grandmaster Flash avesse cominciato a esibirsi alle feste nel Bronx nel 1986, non sarebbe diventato Grandmaster Flash. Quindi il fatto che RTJ4, il quarto disco dei Run The Jewels, duo formato dai rapper statunitensi Killer Mike e El-P, sia uscito nei giorni in cui gli Stati Uniti sono in fiamme non può che influenzare il nostro giudizio. E forse conviene partire dal sesto brano, Walking in the snow.

A un certo punto del pezzo Killer Mike (rapper nero che in questi giorni è diventato famoso in tutto il paese per uno splendido discorso pacifista sugli scontri ad Atlanta e in passato ha appoggiato Bernie Sanders) dice: “And you so numb you watch the cops choke out a man like me and ‘til my voice goes from a shriek to whisper, ‘I can’t breathe’. And you sit there in the house on couch and watch it on TV”. In questo verso il rapper critica l’insensibilità con cui i mezzi d’informazione e il pubblico affrontano i tanti omicidi commessi dalla polizia contro afroamericani disarmati. Quel “I cant’ breathe” si riferisce all’omicidio di Eric Garner, un nero ucciso dalla polizia nel 2014, ma è diventato incredibilmente attuale in questi giorni, dopo che un altro afroamericano, George Floyd, è morto dopo aver pronunciato la stessa frase a un poliziotto che gli premeva il ginocchio sul collo. Ed è anche per questo che i Run The Jewels hanno deciso di anticipare l’uscita dell’album e di metterlo in download gratuito (come sempre) sul loro sito, con una scelta artistica che è diventata un atto politico.

Walking in the snow non è l’unica canzone di protesta di questo disco. Difficile non citare JU$T, un brano incendiario dove sono ospiti un Pharrell Williams e il solito Zack de la Rocha dei Rage Against The Machine (per lui è la terza volta insieme ai Run The Jewels, andranno anche in tour insieme nel 2021). Stavolta il gruppo denuncia il razzismo partendo dai dollari. Impressi sulle banconote, fa notare la band, ci sono troppi “slave masters”, schiavisti: George Washington, Thomas Jefferson e gli altri padri fondatori. Persone che nella loro vita hanno posseduto schiavi (anche se in seguito hanno condannato la schiavitù, va detto). In un altro brano ancora, Pulling the pin, c’è Mavis Staples, icona dell’rnb e dell’attivismo, insieme a Josh Homme dei Queens of The Stone Age. E in tutto l’album gli attacchi alla polizia, allo stato e al capitalismo non mancano.

In fondo però la cosa bella della musica dei Run The Jewels, un rap dallo spirito molto old school che omaggia ora Ol’ Dirty Bastard ora i Wu Tang Clan, è che non si prende sul serio. E così capita di ascoltare anche spassosi inni al cazzeggio come ​ooh la la, che campiona un altro classico del rap statunitense, DWYCK dei Gang Starr. Una bel cazzotto in faccia, com’erano stati brani tipo Blockbuster night, pt.1.

C’è un altro aspetto simbolico da non sottovalutare: i Run The Jewels non sono solo l’incontro tra il rap nero (Killer Mike) e il rap bianco (El-P), ma anche tra la scuola di Atlanta (Killer Mike) e quella di New York (El-P). Un esempio di unificazione, in un momento di forti divisioni per il paese.

Insomma, RTJ4 è il disco giusto al momento giusto. In questo momento incarna meglio di qualsiasi altro le proteste che riempiono le strade statunitensi e riesce a parlare a chi manifesta e a chi, come noi, osserva le cose dietro lo schermo di un computer. E non è una mossa opportunista. I Run The Jewels meritano di prendersi lo scettro in questo momento, la loro storia personale e artistica li rende credibili come pochi altri.

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Flying Lotus, Spontaneous (instrumental)
Il musicista di Los Angeles Flying Lotus ha da poco pubblicato l’edizione deluxe di Flamagra, il suo disco uscito un anno fa. La nuova versione è doppia: il primo disco è uguale all’originale, il secondo è strumentale. E la sorpresa è che quello strumentale funziona meglio di quello con le voci, nonostante le ospitate illustri di Anderson .Paak, George Clinton e Tierra Whack. Senza le parti cantate si apprezzano meglio i dettagli, le linee di basso di Thundercat e le intricate parti ritmiche da sempre care a FlyLo, come lo chiamano gli amici.

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Einstürzende Neubauten, Am landwehrkanal
Blixa Bargeld è un gigante. E lo dimostra da anni, praticamente in tutto quello che fa. Dal contributo fondamentale ai Bad Seeds di Nick Cave alle tante collaborazioni, come quella con il compositore italiano Teho Teardo.

Qualche settimana fa Bargeld è tornato al suo primo amore, il progetto Einstürzende Neubauten, band berlinese pioniera dell’industrial e attiva ormai da quarant’anni. Alles in allem, il loro primo disco dal 2014, non si discosta molto da quello che il gruppo ci ha fatto sentire negli ultimi anni (anche se è più accessibile del concettuale Lament) ma è anche una delle cose più dolci che abbiano mai fatto. Fuoriclasse.

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Pharoah Sanders, Love is here 1
È da poco uscito Live in Paris (1975), ristampa di un live registrato dal sassofonista statunitense Pharoah Sanders per l’emittente pubblica francese Ortf allo Studio 104 di Parigi. È un disco meraviglioso, che cattura Sanders in un periodo di grande forma.

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ColapesceDimartino, Il prossimo semestre
I dischi della 42 Records (l’etichetta di Cosmo, Any Other, I Cani e non solo) hanno una costante, fateci caso. Il pezzo più coraggioso di ogni album è quasi sempre il primo in scaletta. E questo succede anche nel primo pezzo dei Mortali, bella collaborazione tra i cantautori siciliani Colapesce e Dimartino.

Il brano in questione s’intitola Il prossimo semestre e a un certo punto diventa quasi teatro canzone, mentre Colapesce e Dimartino ironizzano sui colleghi e chiedono di essere lasciati soli, come i cantautori. Non fanno nomi. Io un’idea su chi vogliono prendere in giro me la sono fatta, ma la tengo per me.

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P.S. Playlist di Spotify aggiornata, buon ascolto!

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