26 settembre 2014 12:52

Se si guardano i numeri dei quotidiani in Italia, sembra di leggere un bollettino di guerra. La vendita media giornaliera è passata dai 6,8 milioni di copie del 1990 ai 3,7 del 2013: un calo del 45 per cento. E se si calcolano le copie ogni cento abitanti, oggi se ne vendono quasi la metà di quante se ne vendevano all’inizio degli anni sessanta. Con l’aggravante, ovviamente, che lo sviluppo economico e sociale del paese era ben diverso. In un giorno qualsiasi, il Tg1 delle 20 raggiunge molte più persone di quante ne raggiungano tutti i quotidiani messi insieme.

Sono numeri che si accompagnano a una pesante perdita di posti di lavoro. Negli ultimi quattro anni sono stati licenziati circa 1.800 giornalisti, hanno chiuso settemila edicole, hanno perso il lavoro più di 1.600 operai e impiegati dell’industria poligrafica. Clay Shirky, esperto di innovazione e mezzi di comunicazione, lo ripete da tempo: in Europa e negli Stati Uniti i quotidiani di carta sono in via di rapida estinzione, ma non sembrano essersene accorti. È urgente che comincino a fare qualcosa, anche se forse è tardi.

Sarà interessante ascoltare come la pensano Martin Baron, direttore di uno dei più famosi giornali del mondo, il Washington Post, comprato l’anno scorso da Jeff Bezos di Amazon, ed Edwy Plenel, fondatore di Mediapart, uno dei siti d’informazione più interessanti in Francia (ha appena festeggiato i centomila abbonati paganti). Domenica 5 ottobre saranno a Ferrara, al festival di Internazionale, e dialogheranno con Marino Sinibaldi, direttore di Radio3.

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