24 aprile 2015 11:10

Citizenfour, il documentario di Laura Poitras che ha vinto l’Oscar, non è un film di spionaggio. È un film politico. Racconta la storia di Edward Snowden, ex analista della National security agency, uno degli organismi governativi statunitensi che si occupano della sicurezza nazionale.

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Poitras e Glenn Greenwald, del Guardian, lo intervistano in una stanza d’albergo di Hong Kong. Snowden ha 29 anni, è timido, pallido, magro, l’aria da nerd. Ha visto qualcosa che non gli piace e sa che se parlerà probabilmente non potrà più tornare nel suo paese da uomo libero e forse la sua vita sarà in pericolo. Ma sa anche che se non sarà lui a parlare probabilmente non lo farà nessun altro. Snowden incarna l’idea di politica come mezzo per cambiare il mondo mettendo se stessi, la propria intelligenza e la propria persona al servizio di un obiettivo più alto e, dal suo punto di vista, dell’interesse collettivo.

Quello che Snowden ha visto e che descrive nel documentario è storia nota, ma sentirla raccontare da lui fa comunque un altro effetto: “Stiamo costruendo il più grande strumento di oppressione della storia dell’umanità. E le persone che lo dirigono si esentano da ogni responsabilità”. Lo strumento di oppressione di cui parla Snowden è la capacità di intercettare e raccogliere informazioni su tutti, in tutto il mondo. Questa gigantesca quantità di dati è archiviata e resa disponibile sempre, indipendentemente dal fatto di essere sospettati di qualche crimine. Ma nessuna ragione di sicurezza può giustificare la violazione di un diritto fondamentale, perché se non è garantito il diritto alla riservatezza siamo meno liberi, anche di dire quello che pensiamo.

Mai accetteremmo che un simile potere fosse concentrato nelle mani di qualcuno, singoli stati o organizzazioni internazionali. Eppure, poco alla volta, abbiamo accettato che finisse nelle mani degli Stati Uniti. Oggi Barack Obama non ci sembra minaccioso, ma cosa succederebbe se al potere ci fosse qualcun altro? Se aspettiamo di scoprirlo potrebbe essere troppo tardi.

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