24 giugno 2021 17:54

Il 27 maggio, davanti alla Tnt-Fedex di San Giuliano Milanese, un gruppo di lavoratori del sindacato Si Cobas che stava protestando contro la chiusura dell’hub di Piacenza è stato aggredito con mazze e taser da guardie private assoldate dall’azienda.

Il 10 giugno, a Tavazzano con Villavesco, in provincia di Lodi, un presidio di lavoratori organizzato per protestare contro i licenziamenti decisi da una ditta che lavora per la Fedex è stato attaccato, sempre con bastoni e taser, da guardie private. Nei video si vedono gli aggressori agire indisturbati di fronte agli agenti di polizia che assistono senza intervenire. Nove lavoratori feriti, tra cui Abdelhamid Elazab, della Fedex di Piacenza e iscritto al sindacato Si Cobas, colpito alla testa.

Il 18 giugno, durante un presidio davanti alla sede logistica di Lidl a Biandrate, in provincia di Novara, un sindacalista è stato investito da un camion e ucciso. Si chiamava Adil Belakhdim, aveva 37 anni ed era nato a El Jadida, in Marocco.

Era venuto a studiare in Italia e per pagarsi gli studi aveva cominciato a lavorare nella logistica, cioè il settore che si occupa dell’immagazzinamento, del trasporto e della consegna delle merci. È un settore cresciuto molto durante la pandemia e vale circa il 9 per cento del pil italiano. Belakhdim viveva a Vizzolo Predabissi con la moglie, Lucia Marzocca, e due figli di 4 e 6 anni.

Intervistato da Marco Imarisio sul Corriere della sera, un amico di Belakhdim ha detto: “Adesso te lo dico io per cosa è morto Adil. È morto perché pensava che non si può vivere così per 850 euro al mese, senza tutele, senza vita privata, perché i turni vengono sempre spostati all’ultimo momento, le ferie non le decidi tu ma il capoarea, se chiedi un permesso per andare a prendere tuo figlio a scuola ti lasciano a casa per una settimana in punizione, e il lavoro dura sempre 13 ore invece che otto, con gli straordinari sempre dimezzati e anche di notte ti arrivano sul telefono i messaggi con l’ordine di essere in magazzino all’alba. È morto perché credeva che fosse giusto stare davanti a quei cancelli”.

Questo articolo è uscito sul numero 1415 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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