11 novembre 2015 17:03

Vitaliano Brancati, che oggi viene letto troppo poco, è uno dei grandi scrittori italiani del novecento (Il bell’Antonio, Paolo il caldo). Fu anche un grande moralista, nel senso giusto della parola. Catanese romanizzato, ha raccontato la mentalità italica con la stessa disincantata intelligenza di un Leopardi (e fu peraltro lui a curare una splendida antologia di osservazioni del poeta sull’Italia e “sul carattere degli italiani”).

Scrisse nell’immediato dopoguerra due brevi testi fondamentali per capire come gli italiani avevano vissuto il fascismo: un pamphlet, I fascisti invecchiano, in cui dichiarava pubblicamente di essere stato fascista e di avere amato in gioventù gli aspetti peggiori del fascismo (il maschilismo, la prepotenza); e un racconto, Il vecchio con gli stivali, da cui nel 1946 trasse con Sergio Amidei una sceneggiatura affidata alla solida regia di Luigi Zampa.

Il film s’intitolò Anni difficili ed ebbe più tardi una sorta di seguito ideale con Anni facili (gli anni democristiani), di cui si ricorda in particolare l’esilarante scena sul raduno clandestino di ex gerarchi in un castellaccio laziale, e infine una sorta di compendio storico novecentesco sul tema dominante di questa trilogia italica, il trasformismo della classe dirigente, con L’arte di arrangiarsi (non a caso con Alberto Sordi, interprete eccezionale della comune mentalità nazionale).

Anni difficili racconta, con i toni acri che saranno della commedia all’italiana, ma anche con lo sconsolato dolore della coscienza dei cedimenti politici e dei disastri e lutti della guerra che ne conseguirono, la storia di un impiegato comunale di Modica, Aldo Piscicello, di sentimenti cautamente antifascisti, cui il podestà chiede di prendere quella che veniva chiamata (di nascosto) “la cimice”, il distintivo dell’appartenenza al partito fascista, una condizione necessaria per non perdere il posto. Piscicello è costretto a portare la cimice anche per le rimostranze della famiglia, ma intanto il figlio maggiore è richiamato in Etiopia, poi arriva la seconda guerra mondiale e dovrà combattere in Albania e Russia.

Gli anni difficili

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Cade il fascismo, arrivano gli alleati e si assiste alla mezza farsa dell’epurazione: sarà proprio il podestà che l’aveva costretto al grande cedimento a cacciare Piscicello dall’impiego perché è stato fascista. Quella di Anni difficili è una storia esemplare e molto comune, però contro il film si sollevarono non solo i “nostalgici” ma anche molti dirigenti del Partito comunista – alcuni dei quali erano ex membri dei Gruppi universitari fascisti – che accusarono Zampa e Brancati di denigrare il popolo italiano che, sostenevano, era sempre stato di sentimenti antifascisti. Se la presero anche col giovane Italo Calvino, grande estimatore del film, quando espresse il suo parere nell’edizione torinese dell’Unità. Ma “il miglior giudice è il re”, si diceva in Spagna, e le polemiche spinsero Togliatti a vedere il film e a difenderlo contro i suoi stessi amici, lodandone la qualità del giudizio storico-politico e la civile moralità.

Anni difficili è ora in dvd in un’edizione della Cineteca italiana e della Cecchi Gori strana e interessantissima. Strana perché è di due dischi, il secondo dei quali contiene l’edizione tedesca del film (che si chiamò Mitgerissen, cioè “intrappolato”), che ha una ventina di minuti in più di quella italiana perché comprende le scene tagliate per paura o su pressione della censura. Va visto o rivisto e va meditato, e dovrebbero vederlo soprattutto i ragazzi delle scuole medie e superiori, per ricavarne una lezione di storia finalmente attendibile e, nel caso di professori all’altezza della loro funzione, una leopardiana riflessione sull’Italia e sugli italiani.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it