07 gennaio 2017 13:30

Domenico Starnone, Scherzetto
Einaudi, 164 pagine, 17,50 euro

Forse è dal tempo di Via Gemito che Starnone non scriveva nulla di così coinvolgente e forte, dolente. Uno “scherzetto”? Piuttosto una riflessione-confessione su temi gravi, ma affrontata su due registri.

Il racconto lungo è il confronto tra un nonno e un nipotino di quattro anni, come vissuto e narrato dal nonno, noto illustratore illustre tornato da Milano a Napoli, nella casa dove è cresciuto in piazza Garibaldi e dove figlia e genero, irrequieti professori universitari che partono per un convegno, gli hanno chiesto di badare a Mario, loro figlio.

Le scontentezze del nonno rischiano di rovinare il rapporto col nipote, i cui modi di ragionare sono quelli dell’età ma che ha un imprevisto dono per il disegno, e di cui ci si interroga su cosa potrà diventare. Per il nonno è anche un rendiconto sulle sue speranze passate, sui suoi successi e fallimenti, sulla sua solitudine, che l’autore rende più espliciti, non assillando il racconto con il diario, in un’appendice accompagnata da disegni (di Dario Maglionico), nient’affatto superflua: il racconto è racconto, compiuto e bello in sé, e il diario non gli si sovrappone, è un “a parte” che sa di confronto dell’autore, oltre l’invenzione, con la sua stessa esistenza e le ambizioni non risolte, come è di ogni vita mossa da ambizioni non volgari. Averne, di nonni come questi!

Questa rubrica è stata pubblicata il 6 gennaio 2017 a pagina 84 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

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