26 gennaio 2018 14:19

Gentile bibliopatologo,
l’altro giorno, sfogliando un saggio, trovo in nota un riferimento a un libro che mi sembra subito interessante. Decido quindi di acquistarlo. Mi dirigo su un noto sito di smercio librario online, ma dopo poco un dubbio mi assale. Interrompo la procedura e mi arrampico sulla libreria, dove trovo il libro in questione. Ciò che mi angustia non è tanto l’avere dimenticato di avere il libro e di averne lette parti consistenti (è già successo e succederà ancora con l’avanzare dell’età). Ciò che mi preoccupa è il dispiacere per non avere potuto portare a termine l’acquisto. Ho sentito come una dolorosa fitta, e tenere tra le mani il volume oggetto di tanto desiderio non è servito a lenire il dispiacere. Attendo lumi e parole di conforto.
– Suo Simone Pollo

Caro Simone,
l’attesa di un libro è essa stessa il libro? La domanda, lo avrai notato, è il calco di un’altra domanda – “Non è forse vero che l’attesa del piacere è essa stessa il piacere?” – che prima di diventare famosa grazie alla pubblicità di un bitter era stata pronunciata, senza troppa enfasi e senza neppure il punto interrogativo, nella commedia Minna von Barnhelm di Gotthold Ephraim Lessing (atto quarto, scena sesta), dove oltretutto non ha proprio nulla di filosofico o di proustiano: è la risposta cerimoniosa a un tizio che si scusa perché è arrivato in ritardo. Gli vien detto, semplicemente, che l’attesa di un evento piacevole è anch’essa un piacere. Tutto qui, una formula di cortesia. Nel frattempo la frittata è fatta, Lessing è finito in tutti i dizionari delle citazioni e anche nei bigliettini dei Baci Perugina. Ma vedo che sto divagando prima ancora di cominciare.

Quale che sia il responso alla mia domanda nata da una citazione tirata per i capelli, è evidente che siamo in un luogo dove l’amore per i libri riproduce i meccanismi più insidiosi delle passioni tra gli umani. Questo luogo lo aveva visitato tanti anni fa il filosofo Giuseppe Rensi in una delle Lettere spirituali:

Quante volte non ti è accaduto di sentire che se non hai quel libro ti manca un elemento capitale della tua cultura, di resistere a lungo alla tentazione di acquistarlo, ma invano, ché più resistevi più quel libro ti appariva indispensabile e vergognoso l’esserne privo; e, quando finalmente hai ceduto e lo hai acquistato, dopo un’occhiata all’indice e ad alcune pagine, vederti improvvisamente venir meno il bisogno di esso, cosicché non lo hai letto più per gran tempo seppure lo hai letto mai! Non accade diversamente circa il desiderio d’una donna.

Il possesso intristisce l’amante, quando è troppo facile. E intristisce anche il bibliomane, questo dongiovanni dei libri. Il riferimento in quella nota a piè di pagina era stato per te un richiamo amoroso, un corno di caccia, la promessa di un’avventura, ed ecco che invece, prima ancora di lanciarti nella corsa scalmanata, la tua Dafne è già trasformata in tronco. In un tronco che hai già letto, per giunta.

È un problema da risolvere, magari con due sedute a settimana di cinquanta minuti l’una? No, ovviamente, perché per un libro che hai già ce ne sono mille che non hai e che potrai inseguire come un satiro. È qualcosa su cui riflettere? Forse sì. Già che siamo in tema di citazioni malaccorte: “Si versano più lacrime per le preghiere esaudite che per quelle non accolte” (così Truman Capote parafrasò una frase di Teresa d’Avila che, credimi, diceva tutt’altro: ma niente da fare, il passaparola si è messo in moto e anche la santa è ormai nel tritacarne citazionista).

Quel libro che hai trovato nel tuo scaffale – già posseduto, pronto a farsi possedere ancora, come un’amante in attesa nell’alcova – ti ha privato dello iato tra il desiderio e il possesso. E senza quello iato, l’uomo di lettere si avvilisce. L’oggetto del desiderio è lì, ma svanito il desiderio non gli rimane che un oggetto tra gli oggetti, povera cosa. Per fortuna ci sono altri modi di amare i libri (e le donne).

Potrei dirti che tutto questo dimostra quanto avesse ragione sant’Agostino nel legare la concupiscenza della carne, ossia la lussuria, alla concupiscenza degli occhi, la curiositas. Ma mi toccherebbe appesantirti con una nuova citazione, per giunta di un altro santo – e per oggi mi pare siano abbastanza.

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it.

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