07 febbraio 2022 15:14

Gentile bibliopatologo,
tranne rare eccezioni, non parlo con nessuno degli amati libri di cui mi nutro; segretamente, però, anelo alla possibilità di condividere con qualche anima affine i pensieri e i sentimenti da essi suscitati. Ultimamente ho dato suggerimenti letterari a una giovane fanciulla ancora estranea al mondo dei classici: lei ha apprezzato e mi ha eletta a sua unica e fidata consigliera. L’episodio mi ha galvanizzato oltremodo facendomi sentire quasi onnipotente (neanche fossi stata io a scrivere quel meraviglioso tomo che le ha aperto gli occhi sulla vita). Di quale grave patologia soffro? Esiste una cura?
– Miriana

Cara Miriana,
anni fa, la terza media globale dei social network che tutti frequentiamo – e alcuni di noi rigorosamente al quinto banco a sinistra, da veri imboscati – sghignazzò molto per il titolo di un lezionario festivo per la messa cattolica, ossia di un libro che raccoglie i passi delle sacre scritture da leggersi nelle celebrazioni liturgiche: Apri la tua bocca la voglio riempire. Si tratta in realtà di un versetto biblico (Salmo 80, 11), ma basta scorrere il profluvio di recensioni sospettamente entusiastiche che il volume raccolse e continua a raccogliere nelle librerie online per constatare che non è in atto un grande risveglio religioso.

Eppure, la scuola è fatta anche (per alcuni soprattutto) di goliardate e perfino dalle goliardate si finisce per imparare qualcosa. Alle lezioni di storia dell’arte al liceo, per esempio, un mio compagno di classe mattacchione si proponeva regolarmente come volontario per farsi interrogare su Paolo Uccello (la professoressa, che aveva mangiato la foglia, altrettanto regolarmente lo rifiutava). Oggi quel mio amico fa il pittore.

Anche il titolo infelice di quel libro liturgico, deliberatamente (vorrei dire dolosamente) frainteso, ha da insegnarci qualcosa. Per esempio, che la trasmissione del sapere ha sempre una sottotrama erotica. Il libro più illuminante sul tema lo ha scritto George Steiner, La lezione dei maestri. Apri i tuoi occhi, li voglio riempire con un paragrafo:

Ogni “incursione” nell’altro, mediante la persuasione o la minaccia (la paura è una grande insegnante), confina con l’erotismo e lo innesca. La fiducia, l’offerta e l’accettazione, hanno radici che sono anche sessuali. L’insegnamento e l’apprendimento sono modellati da una sessualità dell’anima umana altrimenti inesprimibile. Questa sessualità erotizza la comprensione e l’imitatio. A ciò bisogna aggiungere l’elemento chiave, e cioè che nelle arti e nelle materie umanistiche il materiale che viene insegnato, la musica che viene analizzata e praticata, sono già, in quanto tali, carichi di emozioni. Tali emozioni, per una parte considerevole, hanno affinità immediate o indirette con il dominio dell’amore.

Quella che tu chiami “grave patologia”, insomma, è antica quanto Socrate (e quanto Socrate è temuta). Dice Steiner che il più grande peccato che può commettere un pedagogo è lo sfruttamento sessuale dell’alunno in cambio di elogi e promozioni. Ma anche che c’è una sottotraccia erotica – sorprendentemente immutata dai presocratici ai nostri giorni – nella relazione tra maestro e allievo. O, nel tuo caso, tra mentore e protégée.

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it.

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