19 febbraio 2015 14:55

“Non vogliamo restarcene qui aspettando di morire”, spiega Johan Dumas, uno dei sopravvissuti all’attacco al supermercato kosher avvenuto a Parigi dopo la strage nella redazione di Charlie Hebdo, a gennaio. Johan si era nascosto insieme ad altre persone nella cella frigorifera nel seminterrato, mentre al piano di sopra i terroristi islamici uccidevano quattro ostaggi. Ora dice che vuole trasferirsi in Israele per stare al sicuro.

Ma le cose non sono così semplici. Tra le diciassette vittime degli attacchi terroristici c’erano alcuni francesi cristiani, un poliziotto musulmano, quattro ebrei e diverse persone che probabilmente non si sarebbero riconosciute in nessuna di queste categorie. È stato un dipendente musulmano del supermercato a indicare a Dumas e ad altri clienti ebrei dove nascondersi, per poi tornare di sopra per distrarre il terrorista. Il Medio Oriente, tra l’altro, non è certo un posto sicuro per gli ebrei.

Ma Dumas ha vissuto un’esperienza devastante. Ora si sente un bersaglio in Francia, e nessuna rassicurazione da parte del governo francese gli farà cambiare opinione. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dal canto suo, non ha certo migliorato la situazione.

Dopo gli attacchi di Parigi Netanyahu ha dichiarato che “una squadra speciale di ministri si incontrerà per favorire l’immigrazione dalla Francia e da altri paesi europei in cui si rileva un terribile antisemitismo. Tutti gli ebrei che vogliono trasferirsi in Israele saranno benvenuti, li accoglieremo a braccia aperte. Vi aiuteremo ad ambientarvi nel nostro paese, che è anche il vostro paese”.

Il primo ministro ha rincarato la dose dopo che un volontario ebreo a guardia di una sinagoga di Copenaghen è stato una delle due vittime dell’attacco terroristico del 14 febbraio: “Ancora una volta degli ebrei sono stati uccisi sul suolo europeo solo perché erano ebrei, e secondo le previsioni questa ondata di attacchi terroristici non si fermerà. Naturalmente gli ebrei meritano di essere protetti in ogni paese, ma noi diciamo ai nostri fratelli e sorelle: Israele è la vostra casa. Ci stiamo preparando ad accogliere un’immigrazione di massa dall’Europa”.

Come potrete immaginare, questo atteggiamento non è piaciuto ai leader europei, costretti a sentir parlare dei loro paesi come di nazioni antisemite che non sono più sicure per gli ebrei. È vero che cinque vittime su 19 nei due attacchi terroristici accaduti in Europa quest’anno erano di religione ebraica, e questa è una sproporzione evidente. Ma allo stesso tempo è innegabile che gli assassini erano tutti estremisti islamici, una categoria che abbonda anche in Israele e nei paesi vicini.

Il presidente francese François Hollande ha risposto che non permetterà “che le dichiarazioni rilasciate in Israele convincano gli ebrei di non poter più restare in Europa e in particolare in Francia”. In Danimarca il capo rabbino Jair Melchior ha rimproverato Netanyahu, sottolineando che “il terrorismo non è una buona ragione per trasferirsi in Israele”.

John Mann, presidente della commissione del parlamento britannico contro l’antisemitismo, ha criticato le dichiarazioni del primo ministro israeliano.“Netanyahu ha pronunciato le stesse parole dopo Parigi. È solo propaganda. Non è un caso che Israele si prepari alle elezioni generali. Non siamo disposti a tollerare che in questo paese o in un altro paese europeo gli ebrei si sentano costretti a partire”.

Quella di Netanyahu è chiaramente propaganda elettorale, ma è innegabile che perfino nel Regno Unito, dove di recente non ci sono stati attacchi terroristici, gli ebrei sono preoccupati. Statisticamente, in Israele i rischi per gli ebrei sono molto maggiori, ma è molto più inquietante far parte di una minoranza in un continente dove solo settant’anni fa gli ebrei finivano massacrati nei campi di concentramento.

Considerata l’ignobile storia dell’antisemitismo in Europa, non sorprende che questi sentimenti sopravvivano all’interno della piccola minoranza ebraica. Eppure, almeno in Europa occidentale (dove vive la maggior parte degli ebrei), la maggioranza della popolazione considera l’antisemitismo una vergogna, e quasi tutti i governi assegnano una protezione speciale alle sinagoghe e alle comunità ebraiche.

Gli ebrei europei non hanno paura dei loro vicini in generale, ma dei giovani estremisti islamici che vivono all’interno delle comunità musulmane. Le minoranze islamiche nei grandi paesi dell’Europa occidentale rappresentano tra il 4 e il 10 per cento della popolazione. Se solo uno su cento è un estremista, allora gli ebrei devono affrontare una minaccia reale.

Ma è anche una minaccia limitata. Nell’ultimo anno nove ebrei sono stati uccisi dai terroristi islamici in Europa in tre diversi episodi (Belgio, Francia e Danimarca). La popolazione ebraica dell’Unione è di un milione di persone, che per la gran parte vivono in Francia, Regno Unito e Germania.

Nove ebrei morti per terrorismo in un anno sono un numero deprecabile, che però non costituisce una buona ragione per incoraggiare un’emigrazione di massa verso Israele. Ma Netanyahu deve prepararsi alle elezioni, e in Israele questo tipo di comportamento di solito produce buoni risultati.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it