26 marzo 2018 15:44

Ci sono sempre vittime quando arriva un nuovo mezzo di trasporto. Nel 1830 fu inaugurata la prima ferrovia che collegava Liverpool a Manchester, e un politico britannico, William Huskisson, fu investito e ucciso da un locomotore. Era famoso per essere maldestro e incline agli incidenti, ma riuscì comunque a rovinare il programma.

Circa ottant’anni più tardi un mio antenato fu la prima persona nell’isola di Terranova a morire sotto un’automobile moderna. E adesso questo: il 18 marzo Elaine Herzberg di Tempe, Arizona, è stata la prima persona a essere investita e uccisa da un’automobile senza conducente.

C’era una persona seduta dietro il volante dell’auto, perché questi veicoli sono ancora in una fase sperimentale. Uber, l’azienda che stava conducendo il test, ha rilasciato la solita dichiarazione, “i nostri pensieri vanno alla famiglia della vittima” e ha sospeso le sue prove su strada in diverse città degli Stati Uniti. Ma si tratta solo di uno stop temporaneo: questa tecnologia è inarrestabile.

È anche piuttosto sicura, se paragonata ai veicoli guidati da esseri umani. Circa cento americani al giorno muoiono in incidenti automobilistici, e nei paesi in via di sviluppo la situazione è molto più grave. Circa quattrocento indiani muoiono ogni giorno in incidenti stradali sebbene ci siano molti meno veicoli in circolazione in India (263 milioni negli Stati Uniti, 210 milioni in India).

L’obiettivo piuttosto esplicito di questa ricerca è eliminare tutti i posti di lavoro da autisti

Con ogni probabilità l’uso diffuso della automobili che si guidano da sole farà abbassare i tassi di mortalità, perché anche se i computer possono essere stupidi quanto gli autisti umani, non possono essere altrettanto impazienti, arrabbiati o ubriachi. A essere decimati da automobili, camion e autobus robotici non saranno gli esseri umani, ma i posti di lavoro.

L’automazione avanza per fasi. Negli anni novanta i computer non erano molto intelligenti, ma riuscivano già a far funzionare i bracci robotici e altri dispositivi simili che hanno sostituito le vecchie catene di montaggio.

La Rust Belt si trova nella regione dei Grandi laghi degli Stati Uniti e in aree simili nell’Inghilterra del nord e nella Francia settentrionale proprio perché quelle sono le antiche patrie della produzione di massa nei loro paesi. Le catene di montaggio avevano già frammentato per esempio l’operazione complessa dell’assemblaggio di un’automobile in un centinaio di operazioni più semplici, perciò proprio queste regioni erano destinate a essere le principali vittime dell’automazione.

I computer oggi sono molto più intelligenti e in grado di compiere un’operazione estremamente difficile come può essere guidare un veicolo nel traffico. Ci sono ancora errori nei programmi, ma nel giro di due, tre o cinque anni saranno risolti e i veicoli a guida autonoma saranno in vendita. I primi a mettersi in fila per comprarli saranno gli operatori di parchi vetture.

Impatto di lungo periodo
La maggior parte delle persone è consapevole del fatto che aziende come la Ford, la General motors, la Tesla e la Waymo stanno investendo grossi capitali nella ricerca per sviluppare veicoli a guida autonoma. In pochi però sanno che la Daimler, la Volvo, Uber e il motore di ricerca cinese Baidu stanno già testando su strada veicoli semiarticolati a guida autonoma. L’obiettivo piuttosto esplicito di questa ricerca è eliminare tutti i posti di lavoro da autisti.

Ci sono più o meno quattro milioni e mezzo di autisti negli Stati Uniti: tassisti, autisti di autobus, furgoni per le consegne, camion a lunga percorrenza. Si tratta del 4 per cento circa dei posti di lavoro negli Stati Uniti, e percentuali simili si registrano anche nelle altre economie sviluppate. Si può tranquillamente scommettere che almeno la metà di questi posti di lavoro sparirà di qui a dieci anni, e che saranno spariti quasi tutti nei prossimi quindici o venti anni.

In media le auto private restano parcheggiate per il 95 per cento del tempo

L’impatto nel lungo periodo dei veicoli a guida autonoma sulla proprietà di auto private sarà altrettanto pesante. Secondo un recente sondaggio condotto da Kpmg tra i manager dell’industria automobilistica, il 59 per cento degli amministratori delegati ritiene che più della metà degli attuali proprietari di automobili non vorranno più possederne una entro il 2025. Per andare da qualche parte, sarà sufficiente chiamare uno degli economici taxi senza conducente.

È Uber all’ennesima potenza. I taxi a guida autonoma saranno ovunque e risponderanno alla chiamata in uno o due minuti. Mai più problemi di parcheggio e molto meno traffico su strada perché una flotta di taxi grande un quarto del totale attuale delle automobili private sarebbe più che sufficiente a soddisfare le richieste perfino nelle ore di punta.

In media le auto private restano parcheggiate per il 95 per cento del tempo. Di fatto quasi mai, nemmeno nelle ora di punta, le auto private in movimento sono più di un quarto del totale. Perciò nel lungo periodo vedremo una drastica riduzione del numero di autovetture e una riduzione meno drastica della domanda mondiale di petrolio (i tre quinti circa della produzione mondiale di petrolio diventano carburante per veicoli).

Potremmo inoltre attenderci un calo importante del numero di morti e feriti in incidenti automobilistici. Di sicuro i veicoli che si guidano da soli commetteranno di tanto in tanto degli errori che provocheranno dei danni agli esseri umani, ma i programmi informatici sono destinati a essere meno imprevedibili delle persone sulla strada. È un peccato per i posti di lavoro, ma a conti fatti si tratta di un miglioramento.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

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