15 dicembre 2017 13:20

La cosa peggiore della violenza che ha colpito la Colombia negli ultimi cinquant’anni è stata che l’urgenza e l’enormità del fenomeno ci hanno distratti da molte altre questioni. La durezza del conflitto non ci consentiva di pensare ad altri problemi e, per così dire, ci teneva occupati con le questioni più urgenti senza lasciarci tempo per quelle importanti.

Se ci sono gruppi che uccidono, sequestrano, fanno scomparire delle persone, le tagliano con la motosega, le uccidono con un colpo di grazia, nessuno si metterà a pensare all’istruzione, alla sanità o all’acqua potabile. Non ci sono discussioni o notizie in grado di competere con un massacro.

Le cose migliori della pace firmata con le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) non sono il testo dell’accordo, i buoni propositi, la commissione della verità o la giurisdizione speciale per la pace. La cosa migliore di questo accordo è che finalmente possiamo concentrarci su questioni diverse dalla lotta tra lo stato e la guerriglia o tra i paramilitari e i civili.

I colombiani vogliono finalmente occuparsi di cose diverse dalla guerra e dalla pace

Oggi ancora molte persone vorrebbero continuare a parlare solo di questo, e visto che non ci sono più combattimenti o soldati morti, vorrebbero farci litigare a proposito dei senatori che sono stati dei guerriglieri o della composizione di una commissione parlamentare. Sinceramente penso che la Colombia sia stufa di parlarne e che i colombiani vogliano finalmente occuparsi di cose diverse dalla guerra e dalla pace. Lasciarci la guerra alle spalle significa poterci concentrare su cose di cui vale invece la pena parlare e ragionare.

Più di un anno fa, mentre discutevamo con fervore degli accordi di pace, a quelli di noi più presi dall’argomento è sfuggita una questione fondamentale per la salute delle persone, soprattutto del gruppo più numeroso, meno istruito e in maggiore difficoltà. Mi sono reso conto di questa distrazione grazie a un articolo pubblicato sul New York Times. Sembra una questione innocua, inoffensiva e irrilevante: le bevande gassate e zuccherate, che hanno nomi propri come Coca-Cola, Pepsi, Colombiana o Manzana Postobón.

Alleanze malsane
Certo, ricordavo vagamente che il grande ministro della sanità Alejandro Gaviria si era impegnato ad aumentare la tassazione su queste bevande e a disincentivarne il consumo, soprattutto tra i giovani. Ma non avevo fatto caso ai parlamentari e ai partiti che hanno fatto fallire una misura elementare, una tassa del 20 per cento che avrebbe favorito la salute della maggioranza dei colombiani.

Non avevo neanche registrato il nome di una donna coraggiosa, l’attivista Esperanza Cerón, che con la sua ong Educar consumidores si era impegnata a sostenere attraverso delle campagne di educazione sanitaria questa lotta contro il consumo eccessivo di zucchero. Non sapevo neanche della feroce persecuzione a cui l’ha sottoposta la sovrintendenza dell’industria e del commercio. O delle intimidazioni, al limite della minaccia mafiosa, di scagnozzi al servizio degli interessi dell’industria delle bevande gassate.

Il New York Times racconta nel dettaglio la difesa impudica e dannosa degli interessi dell’industria dello zucchero e delle bevande gassate da parte degli industriali dell’Organización Ardila Lülle e della loro cassa di risonanza, il canale televisivo Rcn. E mi è venuta in mente un’altra alleanza, altrettanto impudica, tra il partito del senatore Álvaro Uribe e la tv Rcn.

Adesso sono più chiari i motivi per cui questa rete è stata un’acerrima nemica della pace: da una parte combatte il governo nel suo sano tentativo di aumentare la tassazione per l’industria dello zucchero e delle bevande gassate; dall’altra dà una mano al senatore Uribe nella sua crociata contro l’accordo di pace.

Infine, riuscendo a far proseguire il conflitto, o a fare in modo che l’unico argomento di discussione sia quello della pace o della guerra con la guerriglia, indirettamente ci distrae da questioni fondamentali come i danni causati dalle sue bevande gassate o l’inutilità e l’impatto sull’ambiente della sua acqua imbottigliata. Non è neanche una questione ideologica: si tratta solo di soldi. A loro non importa fare danni, finché riescono a riempircisi le tasche.

(Traduzione di Francesca Rossetti)

Questo articolo è uscito sul quotidiano colombiano El Espectador.

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