28 aprile 2016 15:53

Anche se Beyoncé mi è sempre piaciuta, non mi considero una beyhive [così si autodefiniscono i fan più fedeli di Beyoncé, giocando con il nome dell’artista e con la parola beehive “alveare”, ndt]. Perciò sono poco aggiornata sui suoi progetti recenti. Avevo dedicato gran parte del fine settimana a pensare a Prince, a piangere per Prince e a far vedere a mio figlio i video di Prince. Ma domenica mattina, quando mi sono asciugata le lacrime, ho visto che la sera prima era uscito Lemonade. E che, secondo la stampa, è un album su Jay Z.

Stando ai primi titoli, Lemonade parla di Beyoncé e Jay Z, di quanto è bastardo Jay Z e della famigerata lite in ascensore, parla di Beyoncé furiosa con Jay Z, parla della straziante sofferenza di Beyoncé per Jay Z.

Le relazioni amorose delle celebrità non mi appassionano mai molto, ma ascolterei Beyoncé anche se cantasse i testi del mio vecchio manuale di chimica, perciò mi sono seduta a guardare Lemonade aspettandomi quanto meno di divertirmi un po’.

Non immaginavo di uscirne devastata. Non immaginavo che avrei versato tutta una vita di lacrime. Ma è successo. Ciò di cui parla Lemonade va molto al di là di una relazione e delle sue infedeltà. Lemonade parla dell’amore delle donne nere – l’amore che minaccia di ucciderci, che ci fa impazzire e che ci rende più forti di quanto avremmo mai dovuto essere.

Una donna nera che esprime la sua rabbia è subito stigmatizzata

Noi siamo le donne messe da parte. Siamo le donne che si sono prese cura dei figli di altre donne mentre i loro venivano portati via. Siamo le donne che fanno due lavori quando i loro uomini non trovano lavoro. Siamo le donne che si prendono cura dei nipoti quando i loro genitori, i nostri figli, vengono catturati dal sistema carcerario industriale. Siamo le donne che manifestano nelle strade e per le quali non manifesta nessuno. Siamo le donne che non dovrebbero mai protestare pubblicamente. Siamo le donne che dovrebbero restare fedeli ai loro uomini rimanendo in silenzio nell’abuso e nell’infedeltà. Siamo le donne che lavano dalle strade il sangue dei loro uomini e dei loro figli. Siamo le donne che vanno a prendere le loro cose al commissariato.

Quando il nostro amore, il nostro impegno e la nostra lotta si scontrano con il disprezzo e la slealtà, non ci si aspetta che ci arrabbiamo. Una donna nera che esprime la sua rabbia è subito stigmatizzata. “Gli uomini neri hanno già abbastanza grane,” dice la gente. “Il tuo compito è sostenere il tuo uomo e aiutarlo a diventare migliore”. La docilità che ci si aspetta da noi contrasta con la forza richiesta a una donna nera per farsi strada in questo mondo. “Che cazzo pensi di me?”, chiede rabbiosamente Beyoncé a un mondo capace di sottovalutare così stupidamente una donna nera.

Guerriere silenziose

Quando i nostri cuori si spezzano e urliamo dal dolore, ci dicono che è colpa nostra. Abbiamo richiesto troppe attenzioni, siamo state troppo gelose, troppo critiche. Prima ci dicono che abbiamo il dovere di amare e poi, se il nostro amore non è ricambiato, allora abbiamo amato troppo, oppure non abbastanza. È una cosa che può farti impazzire. In Hold up, Beyoncé chiede: “Che cosa è peggio? Sembrare gelosa e pazza o, più tardi, essere presa a pesci in faccia? Io preferisco essere pazza”.

L’idea che le donne nere debbano soffrire in silenzio viene trasmessa da una generazione all’altra. Beyoncé esplora questa eredità senza esitazioni: “Mi ricordi mio padre – un mago, capace di esistere in due posti nello stesso istante / Sei nella tradizione degli uomini del mio sangue, torni a casa alle tre del mattino e mi dici bugie”.

Beyoncé ci vede perché è una di noi, e non ci permetterà di annegare nella disperazione

E da questo amore profondo e straziante è nata una forza che non avremmo dovuto avere. Generazioni di lavoro, amore e abbandono hanno fatto di noi delle guerriere silenziose. La nostra stessa esistenza è una protesta. Beyoncé celebra la bellezza e la forza della femminilità nera portando sulla scena alcune donne nere che vanno avanti a testa alta nonostante siano continuamente perseguitate per il loro essere nere.

Quvenzhané Wallis, una giovanissima e brillante attrice spesso presa in giro per i suoi capelli crespi, il nome particolare e la pelle scura, sta orgogliosamente accanto alla regina Bey sapendo che quello è il suo posto. Serena Williams, la più dotata atleta vivente ancora derisa per il suo corpo grande e forte e per la sua peculiare bellezza nera, fa twerking provocando lo spettatore.

Forse l’omaggio più diretto e straziante alle donne messe da parte – le donne che saranno lasciate a rimettere insieme i pezzi – sono le apparizioni di Sybrina Fulton, Lezley McSpadden e Gwen Carr, che mostrano stoicamente i ritratti dei loro figli caduti: Trayvon Martin, Michael Brown ed Eric Garner. Si tratta di donne che, come tante altre nere, portano avanti il loro amore e il loro dolore mentre continuano a lottare per la gente nera in un mondo che non riconosce la loro esistenza.

Ma Beyoncé ci vede perché è una di noi, e non ci permetterà di annegare nella disperazione. In Freedom, ci riunisce tutte in un southern revival che celebra la nostra forza. “Ho bisogno anche di libertà. Queste catene le spezzo da sola”.

Beyoncé ha fatto a tutte noi un incredibile regalo pieno d’amore. Questo album aiuterà me e molte altre donne nere che conosco a superare alcuni dei giorni oscuri che verranno.

(Traduzione di Cristina Biasini)

Questo articolo è uscito sul quotidiano britannico The Guardian.

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