27 maggio 2018 10:10

Un grande uomo disse che se bisogna fare qualcosa, tanto vale farla bene. Ok, questa l’ho inventata. Ma è vero. In qualche modo tutti dobbiamo morire. Non chiedetemi la causa di questo difetto di fabbrica, nessuno può farci nulla. Ma il modo in cui moriamo, questo è assai più importante del morire di per sé. Morire senza agitare le acque, senza fare clamore, è come non aver vissuto. La morte non è né un nome né uno stato, è un evento il cui successo dipende dall’accuratezza con cui lo si pianifica.

Ecco come morire in Nigeria.

Santità incontrovertibile
Un modo di morire è assicurarsi di aver compiuto qualcosa che valga la pena ricordare. Questa azione non deve essere a fin di bene né esemplare: in Nigeria quando muori non importa a nessuno se sei stato buono o cattivo. L’unico vero crimine è morire senza aver fatto qualcosa degno di nota. Come morire talmente povero che nessuno sa il tuo nome.

In Nigeria la morte, soprattutto se di qualcuno ricco o potente, conferisce automaticamente una incontrovertibile santità. Golpisti e ladri del governo assurgono al titolo di statisti ed eroi della nazione. Scavare nel tuo empio passato diverrà cosa proibita e sarai beatificato. Potresti addirittura ricevere onorificenze postume o vederti intitolare strade e università. E, cosa più importante, i giornali scriveranno della tua sfortunata uscita di scena o “chiamata alla gloria”. Così la tua morte acquisterà significato. Quindi, per cortesia, se devi morire in Nigeria acquisisci prima potere e ricchezza. Come lo otterrai non interessa a me né a nessun altro.

La morte in un incidente aereo è la più rispettabile per chi non ha titoli da anteporre al suo nome

Non morire in compagnia di persone importanti se non hai raggiunto tu stesso notorietà e ricchezza. Questo è fondamentale! Se te ne vai in giro a morire in compagnia di un ex capo di governo o di un ex militante, i notiziari riporteranno che il tale ex presidente è morto in un terribile incidente automobilistico. Poi magari il resoconto potrebbe continuare con “tra le vittime anche due persone che viaggiavano con il convoglio”. Nessuno saprà mai quale delle due persone non identificate fossi tu, o se fossi un uomo o una donna. Sarai relegato all’oblio senza nemmeno un trafiletto sul giornale.

Non morire mai insieme a cittadini stranieri, soprattutto se cittadini di nazioni più ricche della Nigeria o, peggio, insieme a personalità di interesse per il mendicante governo nigeriano. Perché in Nigeria se non sei importante sei solo un numero. Che Dio non voglia che ciò accada a te.

L’unica eccezione a tutto ciò è la morte in un incidente aereo. Questa è la morte più rispettabile per chi non ha titoli da anteporre al suo nome. Il registro di volo – tra i pochissimi registri sempre disponibili per la consultazione su richiesta in Nigeria – permette di conoscere la lista completa dei passeggeri di un dato volo. Di solito questa lista viene pubblicata e in qualche modo così il mondo verrà a conoscenza della tua prematura dipartita. Il tuo nome comparirà per esteso nei notiziari e sui giornali. La tua morte varrà qualcosa.

Evita le alluvioni e i terroristi
Non commettere l’errore di morire in un incidente su un autobus. Non vorrai mica essere ricordato con il titolo “A dozzine perdono la vita in un autobus coinvolto in un incidente”. Perché morire è una cosa, perdere la vita, perire, un’altra. Se sei sfortunato, il reporter dirà qualcosa del genere “In 25 sono stati letteralmente stritolati” mettendo l’accento sullo stritolamento piuttosto che sulla morte. Tutto ciò che la gente vedrà saranno le carni maciullate. Nessuna faccia. Niente identità. Niente nomi.

Morire in un’alluvione, un’epidemia di colera, il crollo di un edificio, sono cose inaccettabili. Piuttosto, meglio morire nel bel mezzo di un amplesso, nel quale caso almeno un tabloid o un sito di gossip scoprirà il tuo nome e tramanderà la tua storia. Alla tua famiglia la cosa potrebbe non piacere, ma almeno la gente saprà il tuo nome.

Uno dei peggiori modi di morire, comunque, è coinvolti in un attacco terroristico. La Nigeria non è uno di quei paesi dove le vittime di un attacco terroristico sono rispettosamente identificate. Dio li giudicherà per aver provato a metterci in cattiva luce. Noi un tale lusso non possiamo permettercelo. Qui, quando un terrorista ti uccide, che tu sia uno studente in una scuola o un viaggiatore per strada, vai a far parte di una cifra o frazione. Un funzionario dell’Agenzia nazionale per la gestione delle emergenze (Nema) ha dichiarato una volta che, quando si verificano morti durante un conflitto, l’agenzia ha il dovere morale di ridurre le cifre per non fomentare la situazione di crisi.

Che pensiero saggio. Così, se ci sono 200 morti, la Nema potrebbe dichiararne 60. Oppure cancellare uno zero e dire direttamente 20. Immaginate di finire tra quelli “ridotti”. Neanche il diritto di contare come uno. Quindi se ti capitasse di imbatterti in un terrorista deciso a prendere la tua vita, imploralo. Digli che non hai nulla in contrario a morire per la sua causa. Pregalo di provare qualcos’altro, magari fare un video o cose del genere. Perché sarebbe una tragedia dissolversi nell’oblio, senza fanfare.

In diretta
Un modo grandioso di morire è davanti alla telecamera. Centinaia di persone, inclusi i bambini nelle loro scuole, possono morire o essere trucidati ogni mese a Maiduguri senza che ciò turbi lo svolgimento delle attività quotidiane dei nigeriani. Nelle loro teste, Maiduguri è in un lontano stato del nordest che potrebbe essere scambiato come una parte del Niger o del Ciad. Nelle loro teste 160 uccisi nel Borno sono ciò che sono, un numero. Ma se la tua morte viene catturata dall’obiettivo, perfetto. Allora le organizzazioni non governative potranno richiedere a gran voce una legge per mettere al bando qualsiasi tipo di coltello sia stato usato per pugnalarti.

Se sei fortunato, il tuo nome farà tendenza su Twitter e spunteranno hashtag tipo #mettiamoifalcettialbando, #victormacellaioColfalcetto, #albandogliassassinicolfalcettoora, #giustiziaxtolu, #maipiù oppure #ripkevin. La gente rilascerà interviste e ci saranno centinaia di blog orrendamente scritti su di te. E, credimi, un hashtag e un post scritto male in qualche blog con un link al video della tua morte o una tua foto presa da Facebook sono meglio, molto meglio, di morire come un numero.

L’unica eccezione è se si muore in quanto persona di una qualche odiata minoranza. Come uno sciita. O un manifestante del Biafra. Oppure un gay (povero). Se muori da persona odiata, che ciò avvenga davanti alla telecamera o no, verremo a sputare sulla tua tomba. Evita semplicemente di far parte di una minoranza. E se proprio non puoi, allora fa’ del tuo meglio per non morire.

Possa tu non essere colpito da una morte prematura, ma se ciò accadesse, rendila abbastanza intrigante da meritare un hashtag.

Non puoi lasciare la tua morte al caso. Perché, come si dice, morire è umano ma morire bene è divino. Ok, ho inventato anche questa, ma ci siamo capiti, no?

(Traduzione di Mariachiara Benini)

Elnathan John è uno scrittore e autore satirico nigeriano. I suoi articoli raccontano con ironia i paradossi del suo paese. Questo articolo è stato pubblicato su Medium.

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