31 dicembre 2012 11:49

Tra i tanti anniversari che celebreremo nel 2013 – i duecento anni dalla nascita di Verdi e di Wagner, i cinquant’anni dal disastro del Vajont e dal discorso “I have a dream” di Martin Luther King – ce n’è uno che rischia di passare inosservato. Saranno trascorsi ottant’anni da quando l’allora neonata London Passenger Transport Board (ora Transport for London) pubblicò, in forma di opuscolo, la famosa cartina della metropolitana versione odierna della cartina (clicca sotto per ingrandire) c’è qualche linea in più, mentre alcuni dei simboli usati da Beck (per esempio le losanghe che rappresentavano le fermate di interscambio) sono cambiati. Ma la sostanza del disegno rivoluzionario di Beck non è cambiata.

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All’epoca, Beck era un semplice funzionario che lavorava come ingegnere progettista nel reparto di disegno e comunicazioni della London Transport. La mappa era un suo progetto , un pallino che aveva in testa e che sviluppava nel suo tempo libero. Era diversa dalle prime cartine della London Underground perché partiva da una considerazione innovativa. A chi viaggia in metro, si disse Beck, non importa la geografia in superficie. Qui sotto è un altro mondo, con altre regole. Per me che sono quaggiù nel Tube, nel tubo, il fatto che la Torre di Londra sia sopra la mia testa ha un’importanza relativa, dato che non posso raggiungerla in questo momento. M’interessa una cosa sola: come arrivare dalla fermata A alla fermata B.

Da uno che avrà visto innumerevoli schede elettroniche o circuiti nella sua carriera, Beck capì che la mappa di una rete di trasporto poteva benissimo fare a meno del realismo geografico (infatti, l’unica rappresentazione del mondo in superficie che Beck si permise fu di tracciare il percorso del Tamigi in modo piuttosto stilizzato). Beck intuì che, se per disegnare le linee si usavano solo strisce orizzontali, verticali e diagonali, e se le fermate erano distanziate a intervalli regolari, si poteva arrivare a una mappa geoconcettuale di una chiarezza impressionante. Era una carta che proponeva l’idea di città come un’enorme scheda madre, prima ancora che esistessero le schede madri.

La carta del 1933 rifletteva anche il fatto che, con la velocizzazione dei trasporti, la distanza tra le fermate non era più un dato fondamentale, anche perché i convogli del Tube tendono a viaggiare più rapidamente in periferia, dove le stazioni sono più distanti tra di loro. Dunque la cartina di Beck è una delle prime in cui concetti temporali si sovrappongono a concetti di spazio.

La Tube Map di Beck è stata adottata come modello da altre città, per esempio New York e Amsterdam. È entrata anche in una galleria d’arte: nel 1992 un artista inglese, Simon Patterson, ha creato una versione della Tube Map intitolata The great bear, in cui i nomi delle fermate sono sostituiti dai nomi di personaggi famosi (per arrivare da Gina Lollobrigida ad Albert Einstein, bisogna cambiare a Tiziano).

Per uno dei progetti di design più originali del ventesimo secolo, Harry Beck fu pagato cinque ghinee: l’equivalente di un bonus di due settimane del suo stipendio.

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