24 settembre 2015 13:07

Cos’è. Inside out è il nuovo film di Pete Docter, già autore di altri titoli Pixar come Monsters & co., Wall-e, Up. Racconta la vicenda della piccola Riley, bambina del Minnesota che si trasferisce a San Francisco con la famiglia, e lo fa dal punto di vista della sua mente. Il film è quasi tutto ambientato nel suo cervello, dove le emozioni (Gioia, Tristezza, Paura, Disgusto e Rabbia) indirizzano gli stati d’animo da una plancia di comando, gestiscono la costruzione e lo stoccaggio dei ricordi, reagiscono secondo la loro natura agli stimoli esterni di un momento così critico per la bambina. In una fase concitata, Gioia e Tristezza finiscono per errore da un’altra parte del cervello. Il film racconta la storia parallela del loro viaggio di ritorno verso il quartier generale, mentre Riley cerca di tornare felice com’era nel Minnesota, sentendosi sperduta a San Francisco. Inside out è anticipato dal cortometraggio Lava, che racconta della storia d’amore tra due isole vulcaniche del Pacifico.

Inside out

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Com’è. Forse qualcuno avrà presente Esplorando il corpo umano (detto anche Siamo fatti così): una serie di animazione educativa francese che descrive il nostro organismo, trasformando le funzioni in storie e gli organi in personaggi. Per quanto siamo a decenni di distanza, e anni luce da ogni altro punto di vista, Inside out è un film della Pixar che ha qualche punto in comune con la serie. Non avendo però un intento strettamente educativo quanto artistico, Inside out racconta le emozioni trovando una sintesi delicata tra la fisiologia del cervello, le strutture della psiche e una vicenda personale che produca immedesimazione nel pubblico. Gli eventi reali sono minuscoli nel tempo della bambina, mentre diventano molto più estesi e avventurosi nella sua vita emotiva.

Pete Docter è il più innovativo tra i registi della Pixar: è lui che in genere racconta i sentimenti, dà loro una forma astratta o mediata, e sposta il confine del racconto di animazione sempre più in là a ogni film. Chi ha visto Up ricorderà quanto il film fosse una riflessione sulla solitudine rivoluzionaria in tutto: dall’apertura fulminante sulla morte dell’amata, alla scelta del protagonista anziano che odia la società, fino all’idea per cui trovare gioia in quello che la vita ci riserva e rinunciare alle nostre più grandi aspirazioni è una delle chiavi della felicità e della saggezza. Questa volta a cadere è un altro colosso dello stereotipo narrativo hollywoodiano: quello per cui l’obiettivo è sempre il sorriso gioioso, la felicità, la realizzazione positiva di qualsiasi proposito. È molto raro trovare film che ci insegnino a volere bene alla tristezza, ma senza la minima traccia di narcisismo romantico o decadente, senza quelle facilonerie antipsichiatriche per cui la gioia diventa una specie di ipocrisia. Inside out ce la fa magistralmente.

Perché vederlo. Una delle ragioni – perdonate la nota personale – è il fatto che ti alzi dopo i titoli di coda, e hai le lacrime anche nel collo: ti sei fatto un pianto bello, gustoso, profondo e giusto. Attenzione però, il film non cerca momenti di commozione facile, ma produce un’esperienza ricca e complessa sia sul piano dell’emozione sia su quello del senso, e la cosa vale per adulti e bambini allo stesso tempo. In un contesto in cui i ricordi sono così importanti, così come la costruzione della personalità della protagonista, i piccoli vedono se stessi, i grandi vedono se stessi qualche anno prima e i piccoli che hanno intorno in sala, figli compresi: un cocktail esplosivo. Anche in questo, nel modo in cui il pubblico reagisce al film a seconda dell’età e delle esperienze, il film è notevole. C’è un po’ di commedia fisica, quella per intenderci che rende i Minions dei veri fuoriclasse, tutta lasciata a Paura e alcuni personaggi di passaggio, e quando si ride si ride di gusto, improvvisamente. Inside out ha poi di molto interessante il fatto che non ci sia nemmeno l’ombra di dio: si racconta di una serie cose che ci sono dentro di noi e, insieme alle esperienze che facciamo, ci fanno diventare quello che siamo. E basta.

Se ripensiamo a dove erano i film di animazione prima dell’arrivo della Pixar, per forma, linguaggio e poetica, ci rendiamo conto di quanto nessuno abbia rivoltato il mezzo con questa determinazione a Hollywood negli ultimi decenni. Questo film è un altro capitolo di questo percorso di eccellenza, successo e avanguardia in contemporanea: una rarità che merita di essere apprezzata.

Perché non vederlo. Per quanto si tratti di un film di animazione per il grande pubblico, Inside out è una grande rappresentazione allegorica della mente umana. Come tutte le allegorie, ci porta a cercare i legami tra la realtà che conosciamo e questa sua rappresentazione metaforica, e questo processo occupa una buona parte della visione: per alcuni questa esperienza può forse risultare meccanica e noiosa. Al contrario se il film conquista può commuovere molto, e capita di non averne voglia.

Una battuta. Tristezzaaaa!

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