04 maggio 2005 00:00

Il documento è considerato da molti l’unica speranza per evitare una catastrofe che altrimenti sarebbe garantita dalla logica stessa degli armamenti nucleari. Ma “il Trattato non è mai apparso così debole”, ha scritto su Current Affairs di questo mese Thomas Graham, ex rappresentante speciale degli Usa per il controllo delle armi e autore di Common sense on weapons of mass destruction. Se nelle prossime settimane l’accordo dovesse di fatto venir meno, secondo Graham “l’incubo nucleare” potrebbe diventare realtà. Come altri analisti, Graham riconosce che il pericolo principale è la politica degli Stati Uniti, ma che anche altre potenze nucleari hanno le loro responsabilità.

Sottoscrivendo il Trattato le potenze nucleari si sono impegnate a fare “in buona fede” tutti i possibili sforzi per eliminare le armi nucleari. Nessuno l’ha fatto. Ma l’amministrazione Bush è andata oltre dichiarando che non accetta più il principio alla base del documento, e ora sta cercando addirittura di realizzare nuove armi nucleari. Il testo prevedeva anche di rispettare altri accordi internazionali, tra cui il Trattato sull’impiego dei materiali fissili che, come scrive Graham, impedirebbe di aggiungere “ulteriore materiale nucleare al vasto arsenale già esistente”.

Lo scorso novembre, i membri della Commissione Onu per il disarmo hanno votato 147 a 1 in favore del Trattato. Il voto contrario espresso solo dagli Stati Uniti è, in realtà, un veto e ci fa capire quale posto occupa la sopravvivenza della specie umana nell’elenco delle priorità del nostro governo. L’amministrazione Bush aveva già mandato un suo uomo di punta, John Bolton, a informare l’Europa che bisognava interrompere i lunghi negoziati per un accordo sulla messa al bando delle armi biologiche perché non erano “nell’interesse degli Stati Uniti”. Questo si lega a quanto sostenuto da Bolton in altre occasioni: “Quando gli Stati Uniti danno un ordine, l’Onu obbedisce. Se una cosa c’interessa la facciamo. Altrimenti non la facciamo”.

È chiaro ora perché Bush l’ha proposto come ambasciatore americano alle Nazioni Unite. In base alla politica corrente “uno scontro nucleare prima o poi sarà inevitabile”, avverte Michael McGwire, un ex analista della Nato, nel numero di gennaio della rivista del Royal institute of international affairs britannico. “Rispetto a quanto costerebbe contenere il riscaldamento globale, il costo dell’eliminazione delle armi nucleari sarebbe minimo”, scrive McGwire. “Ma le conseguenze di una guerra nucleare globale sarebbero molto superiori a quelle di un progressivo cambiamento del clima, perché i suoi effetti sarebbero immediati e non potrebbero essere mitigati”. In America, a fare eco agli avvertimenti di McGwire c’è Sam Nunn, ex senatore democratico e presidente della Commissione per i servizi armati del senato, da sempre un sostenitore del controllo degli armamenti. “I rischi di un attacco nucleare accidentale o non autorizzato stanno aumentando”, ha scritto a dicembre Nunn sul Financial Times.

A causa di alcune scelte politiche che affidano “la sopravvivenza dell’America alla precisione dei sistemi di allarme e di controllo russi… corriamo l’inutile rischio di una catastrofe”.

Nunn si riferisce all’enorme espansione dei programmi nucleari americani che, spostando l’equilibrio strategico, rendono “più probabile l’eventualità che la Russia lanci un attacco al primo allarme senza aspettare di verificare se c’è un rischio reale”. Il pericolo è aggravato, aggiunge, dal fatto che il sistema di preallarme russo è in pessime condizioni di manutenzione e ci sono buone probabilità che lanci un falso segnale di missili in arrivo”.

L’avvertimento di Einstein e Russell

Un’ulteriore preoccupazione è quella che prima o poi le armi nucleari cadano nelle mani dei terroristi. Questa minaccia è resa più probabile dal fatto che la Russia deve mantenere il proprio arsenale nucleare, sparso su un territorio molto vasto e trasportarlo spesso da un luogo all’altro, come deterrente contro le minacce statunitensi. “Questi continui spostamenti sono un grosso problema, perché la fase di trasporto è il tallone d’Achille della sicurezza nucleare”, osserva Bruce Blair, presidente del Center for defense information di Washington. E questi pericoli non riguardano solo la Russia. “I problemi di preallarme e di controllo che affliggono Pakistan, India e altre potenze nucleari sono ancora più gravi”, dichiara Blair.

Il terrorismo di stato e altre minacce hanno portato il mondo sull’orlo dell’annientamento nucleare. La conferenza delle Nazioni Unite farebbe bene a ricordare l’avvertimento lanciato da Bertrand Russell e Albert Einstein cinquant’anni fa: “Ecco quindi il problema che vi poniamo, nudo e crudo, terribile e inevitabile: vogliamo mettere fine alla razza umana, oppure l’umanità dovrà rinunciare alla guerra?”.

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