26 giugno 2018 14:00

Sicuramente ormai avrete sentito parlare del Dilemma del carrello, il più famoso degli esperimenti mentali che i filosofi amano inventare invece di lavorare. Ma ricapitoliamolo un attimo: un treno fuori controllo sta correndo all’impazzata verso cinque operai che moriranno se non tirerete una leva che lo farà deviare verso un binario secondario, dove c’è un solo operaio che morirà al loro posto. Tirereste la leva?

Questo dilemma in genere divide le persone in due categorie: quelle per le quali ciò che conta sono le conseguenze (quanti esseri umani moriranno?) e quelle che pensano sia comunque sbagliato provocare la morte di qualcuno. La maggior parte dei soggetti sottoposti a questo test sostiene di appartenere alla prima categoria, fino a quando non si pone la domanda in un altro modo e si chiede loro se spingerebbero un uomo grasso da un ponte per fermare il treno e salvare i cinque operai. Improvvisamente, quasi nessuno dice che farebbe questa scelta, anche se il numero di morti rimane lo stesso.

Un terzo gruppo di persone trova gli esperimenti mentali fastidiosi e poco realistici: nella realtà, quel treno sarebbe fermo in una stazione a 30 chilometri di distanza “in attesa del personale”.

Quando c’è di mezzo una sofferenza vera più persone sono disposte a fare qualcosa per ridurre al minimo le conseguenze dannose di un evento

Un nuovo studio condotto dall’università belga di Gand riguarda proprio loro. Come reagiscono le persone a questo tipo di dilemmi nella vita reale? Dato che la cultura della salute e della sicurezza ormai è abbastanza diffusa, i ricercatori non hanno potuto usare l’esempio del treno che uccide le persone. Quindi hanno scelto i topi.

A tutti i partecipanti è stata proposta una serie di dilemmi morali, ma poi alcuni sono stati messi davanti a una scelta reale: sarebbero stati a guardare mentre un orologio faceva un conto alla rovescia alla fine del quale cinque cavie avrebbero ricevuto una scossa elettrica dolorosa ma non letale? Oppure avrebbero spinto un bottone deviando la scossa verso una gabbia che conteneva una sola cavia (chiaramente, la situazione non era reale; nessuna cavia avrebbe ricevuto la scossa)?

Quando la scelta non era più ipotetica, un minor numero di soggetti decideva di rimanere passivo. Quando c’è di mezzo una sofferenza vera – anche se quella di una cavia – più persone sono disposte a fare qualcosa per ridurre al minimo le conseguenze dannose di un evento, indipendentemente dalle loro convinzioni astratte.

Secondo me, da questo esperimento possiamo imparare una lezione importante, che va oltre l’improbabile emergenza del treno e si estende a qualsiasi contesto nel quale cerchiamo di prevedere come reagiremmo: non solo davanti a un dilemma morale, ma anche a una separazione o a un lutto, se staremmo meglio o peggio cambiando lavoro, se saremmo più felici trasferendoci in un’altra città, e così via.

Quando immaginiamo queste situazioni – come quando pensiamo al Dilemma del carrello – siamo costretti a fare affidamento sulle nostre capacità logiche, cerchiamo di prendere in considerazione tutte le variabili e le loro interazioni. Ma quando arriva il momento di decidere, come quando i partecipanti all’esperimento hanno visto le cavie, è tutta un’altra storia. Non reagiamo solo a livello razionale ma anche emotivo e fisico. Entra in azione il nostro cervello intuitivo automatico (il “sistema uno” per usare la terminologia di Daniel Kahneman) e, anche a livello razionale, saltano fuori molte variabili alle quali non avevamo pensato.

In poche parole, il ragionamento ipotetico può solo essere una pallida imitazione della vita reale. Tutto sommato, è una buona notizia: un motivo per preoccuparci meno del futuro e confidare nel fatto che, se la situazione che immaginiamo si verificasse sul serio, potremmo sorprendere perfino noi stessi sapendo esattamente che cosa fare.

Consigli di lettura

Uccideresti l’uomo grasso? di David Edmonds è una buona sintesi di tutta la “carrellologia”, e un modo inquietante per scoprire che i nostri princìpi morali sono molto più fluidi di quanto pensiamo.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

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