14 ottobre 2010 00:00

1. Massimo Volume

Robert Lowell

“Absence! My heart grows tense”, declama in un passaggio del suo Waking in the blue la voce di Robert Lowell, uno dei grandi poeti americani del novecento. Lo fa nel file audio inserito nella canzone a lui dedicata con cui la band-culto torna a far sentire la sua presenza. L’album s’intitola Cattive abitudini: pieno come sempre di altalenanti portenti sonori a cullare i versi declamati da Emidio Clementi alias Mimì; una vita contemplativa messa in musica, letteratura elettrica, gustosa e inattuale, con le chitarre e la batteria accanto.

2. Sufjan Stevens

Saul Bellow

Sulle commistioni e i coiti interrotti tra “Rock et littérature”, arriva anche la recente compilation di Les Inrockuptibles, con una serie di curiosità, da Jack Kerouac a John Cale. Una fermata in Illinois, sul lago Michigan, con il banjo illuminato di Sufjan Stevens: “Get in solid walls / With the know-it-alls / Get in trouble with Saul Bellow”, enigmatico e semplice come stare seduti sotto un albero con una pila di libri. Tratto da The Avalanche, una raccolta di pezzi tenuti fuori da Illinois per evitare di appesantirlo, sembra un inno alla leggerezza del leggere.

3. Enrico Farnedi

Lonely planet

Ma oltre che da poeti laureati e letterati, ci si può lasciar guidare anche da guide per saccopelisti globalizzati? Chissà. Intanto Enrico Farnedi, tromba swing professionista che si è invaghito dell’ukulele ed esce, a giorni, con il suo primo album da songwriter Ho lasciato tutto acceso, si ricorda dei The The di Matt Johnson e riprende questa gran canzone da Dusk del 1993 (quello con Johnny Marr degli Smiths in gran forma): “If you can’t change the world, change yourself”. E lui si crea un mondo di miniature per chitarrina hawaiiana e rock alla cocque.

Internazionale, numero 868, 15 ottobre 2010

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