19 settembre 2018 17:26

1. Maiole, Cose pese (feat. Masamasa)
Ok, è un attacco molto sommesso: “Cosa rara, pulire la mia stanza, cambio scusa con costanza”, però il mood ha quel tocco d’introversione sincera, quel blues andante che riporta alla mente un totem come Just the two of us di Bill Withers. Un sorprendente pezzo leggero per pensare pesante, e finire un periodo bolognese da casertano convinto. E così Maiole (di cui si ricordava un Music for Europe a caccia di sound tra Bruxelles e Santa Maria Capua Vetere e che professa amore per “l’Italia di Lucio Battisti, la Francia di Ed Banger”) fa l’artista pop.

2. Jungle, Heavy, California
Cose pese ben coreografate in un campo di grano nel delizioso video di questo pezzo di mellifluo groove, come fosse gelatina di Motown, con quei falsetti accesi da coristi contenti di sbarcare il lunario alla Earth, Wind & Fire. Tutta una cosa nu soul, un Meccano assemblato dai giovani londinesi Josh “J” Lloyd-Watson e Tom “T” McFarland, apprendisti stregoni del funk bianco, capaci di trasfigurare in formato radiofonico la fine di un amore. Inutile farsi tante pippe, meglio un gancio californication riconoscibile in fm e un ritornello che resta in testa.

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3. Chip Wickham, Barrio 71
Ok, ci sarebbe l’ultima morosita sonora di TheGiornalisti, New York, sorta di tormentone estivo in ritardo come un Frecciabianca da Lecce. O Il veliero di Lucio Battisti, annata 1976, per come funziona l’arrangiamento dopo 42 anni. Poi, per orgoglio di stramberia ci si rimette ad ascoltare Shamal wind, nuovo album di Chip Wickham, bianco veterano Uk di qualsiasi cosa losca black. Perfidi pifferi come vento caldo sulle latitudini del funk, come un noir americano in Messico: vibrafoni e mistero per notti d’afa che presto, si spera, ci mancheranno.

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Questa rubrica è uscita il 14 settembre 2018 nel numero 1273 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero | Abbonati

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