24 giugno 2020 18:00

1. Beppe Gambetta, Dove tia o vento
Via col vento, né Blowing in the wind, ma Where the wind blows, ossia “dove tira il vento”: un album, in inglese e italiano, la cui canzone titolare è un’epica dialettale di destini genovesi, esistenze combattute, tentate partenze, sogni infranti su quegli scoeuggi già attestati nei percorsi di Fabrizio De André. Beppe Gambetta, zenese vagabondo, che a bordo della sua chitarra si è guadagnato l’America profonda alla ricerca delle radici del fingerpicking, note colte come fiocchi di cotone nei campi, dimostra come “portarlo tutto a casa” in bellezza.

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2. Alessandro Martire, Share the world
Altra epoca, altro strumento, ma un’affinità dichiarata con la figura del musico italiano giramondo: Martire, pianista classe 1992, viene dalla Como benestante, mostra talento già a 15 anni, e ha i mezzi per rifinirlo al Berklee, illustre college musicale a Boston. E gira il mondo; mette su la sua Infinity Sound, fonda progetti sociali e un festival sul lago domestico, suona su aerei e in mezzo al deserto; una fissa per il girovagare di cui raccoglie il distillato pianistico nell’album Share the world: musica pulita, da spot di orologi e sollievo dell’anima.

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3. Motus Laevus, Shanfara
Di (fugace) ritorno nella Genova epicentro musicale mediterraneo, ecco il trio world jazz composto da Tina Omerzo, cantante e tastierista slovena, con Luca Falomi (chitarre) e Edmondo Romano (maestro di fiati, dal sax alle cornamuse). Dalla loro ricerca confluisce, nell’album Y (pubblicato dall’etichetta Felmay) tutto un afflato orientale, tra motivi tradizionali greco/turchi, adattamento di temi per flautino croato, pezzi originali con i Balcani deep inside (non pensate a Goran Bregovic); un’errabonda sensibilità, dolce all’orecchio.

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Questo articolo è uscito sul numero 1363 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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