09 novembre 2012 17:28

È cominciato il Festival internazionale del cinema di Roma e incredibilmente ho già visto due film. Il canone del male di Takashi Miike, che fa parte del concorso, e* Centro histórico*, un film in quattro episodi firmati da Aki Kaurismäki, Pedro Costa, Victor Erice, Manoel de Oliveira, della sezione XXI (CineMaXXI), dedicata al cinema sperimentale. Due film molto diversi, come è giusto che sia a un festival.

Cominciamo dal secondo. Centro histórico è un film portoghese con un ospite d’onore finlandese. Quattro storie che ruotano intorno a Guimarães, “la città dov’è nata la nazione portoghese”. Come ogni realtà complessa, si può raccontare in tanti modi. Un po’ come una raccolta di saggi, presenta quattro segmenti molto diversi tra loro che stentano a formare un’amalgama. Ma non credo che fosse l’intenzione di chi ha ideato e portato a compimento il progetto.

Non so bene qual è il mio “saggio” preferito. Probabilmente Vidros partidos, in cui gli ex operai di una fabbrica chiusa cercano di dare un senso a qualcosa, il mondo operaio, abbastanza impossibile da spiegare. Soprattutto a qualcuno che torna nel passato da un futuro teoricamente migliore. Al di là della difformità dei “saggi” il senso dell’operazione è chiaro e indiscutibile, anche se è già stato ampiamente sperimentato in passato. 

(Centro histórico)

Il cinema portoghese sta attraversando un periodo di grandi difficoltà. Vale la pena di ricordare quello che diceva un grande signore del cinema italiano, e cioè che la cura migliore per i mali del cinema sono le idee. E quindi in bocca al lupo a tutti i portoghesi, registi e non.

Il canone del male di Takashi Miike mi ha lasciato abbastanza freddo, e non solo perché all’uscita della proiezione si gelava. Si dice che Miike sia tornato all’horror-thriller. Di horror, di thriller, di film violenti che coinvolgono studenti (giapponesi e non), psicopatici (giapponesi e non) e sangue che spruzza da tutte le parti ne abbiamo già visti tanti. E questo non mi pare che aggiunga granché. 

Hasumi, prof d’inglese di un liceo di Tokyo, sembra nettamente l’insegnante più fico della scuola. È giovane, bello, elegante, simpatico con gli studenti, attento a risolvere i problemi di tutti. Poi però si scopre che vive in una specie di baracca, ha un conto aperto con un paio di corvi che lo svegliano gracchiando e ha il viziaccio di scompigliare i capelli dei suoi studenti. Un gesto innocente che però ha qualcosa di fastidioso e morboso. Senza grandi colpi di scena né particolare pathos scopriamo che è un pazzo sanguinario. 

(Il canone del male)

Sono sicuro che è colpa mia. Sono troppo ignorante sulla cultura giapponese, qualcosa mi dev’essere sfuggito. Forse c’è qualche discorso sull’eccesso di dipendenza dalla cultura occidentale (da Odino al jazz, passando per Brecht) che non ho capito fino in fondo. E se fosse una parodia? No, non è possibile. Forse, se il titolo fosse stato Il cannone del male, vista l’arma scelta per la carneficina…

Stasera, il secondo film in concorso: Main dans la main, commedia di Valérie Donzelli, di cui in Italia abbiamo visto La guerra è dichiarata.

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