20 febbraio 2015 17:17

Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza.

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Finalmente arriva in sala in Italia il Leone d’oro dell’ultima Mostra del cinema di Venezia, Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza, di Roy Andersson. Un Leone d’oro meritato per un film che sfugge alle definizioni classiche ma forse si può definire una commedia nordica, surreale, esistenziale, tragicomica. Andersson è un regista che, pur non essendo giovanissimo, ha fatto pochi film e questo dovrebbe essere il capitolo conclusivo di una trilogia, cominciata nel 2000 con Canzoni del secondo piano, che vinse il gran premio della giuria al Festival di Cannes, e proseguita con You, the living (2007). Peccato che i primi due capitoli in Italia non sono usciti, ma questo non dovrebbe scoraggiare gli amanti del cinema d’autore o giustificare chi preferirebbe qualcosa di meno impegnativo. Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza si può vedere anche senza aver visto i precedenti (e anzi può essere un’occasione per andarseli a ricercare) ed è una visione gratificante.

Noi e la Giulia.

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Forse qualcuno ricorderà il libro di Fabio Bartolomei, Giulia 1300 e altri miracoli, uscito nel 2011 (E/o). Noi e la Giulia di Edoardo Leo è tratto da quel volume. E quindi i motivi per vederlo sono due: chi ha letto il libro e si è divertito vorrà sicuramente andare a vedere il film, sceneggiato dallo stesso Edoardo Leo con Marco Bonini; chi non l’ha letto può vedere il film, per poi andarsi a ripescare il libro. Alcuni quarantenni in crisi s’imbarcano in un’impresa che dovrebbe cambiare le loro vite: aprire un agriturismo. Ma ci si mette di mezzo nientemeno che la Camorra. Detta così la trama potrebbe sembrare poco originale, ma il film è movimentato e ha un bel cast: Luca Argentero, Anna Foglietta, Stefano Fresi e di nuovo Edoardo Leo insieme a Claudio Amendola, che siamo felici di ritrovare al cinema, e Carlo Buccirosso. Leo ha dimostrato di avere tutte le carte in regola per fare (come attore e anche come autore) commedie divertenti e intelligenti, di quelle che meritano di essere viste al cinema.

Il segreto del suo volto.

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Nel weekend che si concluderà (a tarda notte) con i premi Oscar è quasi salutare non consigliare nessun film statunitense. Non è difficile, visto che le uscite americane di questo fine settimana sono Mortdecai, una sorta di commedia d’azione con Johnny Depp, e Il settimo figlio, un fantasy che nonostante Jeff Bridges e Julianne Moore (e Jon Snow…) ha tutta l’aria di una boiata. Quindi, come terza scelta, ecco un bel filmone che arriva dalla Germania: Il segreto del suo volto di Christian Petzold, uno dei più quotati registi tedeschi del momento. Nelly sopravvive al campo di concentramento di Auschwitz Birkenau, ma ne esce sfigurata. Tutti a Berlino la credono morta, anche il marito Johnny che ha cercato di salvarla in tutti i modi. Nelly si sottopone a un intervento di chirurgia plastica che le cambia i connotati e quando si ripresenta da Johnny, lui non la riconosce, pur intravedendo qualcosa della moglie. A quel punto propone a Nelly di spacciarsi per la sua defunta consorte, in modo da recuperare e salvare il cospicuo patrimonio di famiglia. Le implicazioni psicologiche del caso sono notevoli. Mettiamoci anche il fatto che storicamente i tedeschi al cinema hanno la mano pesante ed ecco pronto un bel polpettone (proviamo a sforzarci di dare un senso positivo al termine) ideale per una fredda domenica pomeriggio.

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