21 febbraio 2019 11:02

In questi ultimi anni Vladimir Putin è sembrato invulnerabile. La sua popolarità è stata drogata dai successi internazionali, come l’annessione della Crimea nel 2014 o l’impegno nella guerra in Siria. Eppure è sul “fronte” interno che il presidente russo ha finito per trovarsi in difficoltà, per la prima volta da tempo.

Il 20 febbraio la tensione era palpabile nel discorso rivolto da Putin alla nazione: l’attenzione alle questioni internazionali è stata notevolmente ridotta rispetto all’anno scorso, a beneficio delle misure economiche e sociali soprattutto per le famiglie, incoraggiate a fare più figli.

Nel 2018 Putin è stato rieletto al primo turno con tre quarti delle preferenze, e di sicuro avrebbe vinto anche se il suo principale avversario fosse stato autorizzato a candidarsi. Il presidente controlla il paese senza interruzioni dal 2000, compreso il periodo segnato dall’inversione dei ruoli con Dmitrij Medvedev.

Cause facili da individuare
Tuttavia negli ultimi mesi, secondo alcuni sondaggi, Putin avrebbe perso oltre metà della sua popolarità. In Russia tutti i segnali lasciano pensare a un profondo malcontento popolare.

La causa di questo malcontento è facile da individuare: l’estate scorsa, in pieno svolgimento dei campionati mondiali di calcio, il governo russo ha annunciato l’aumento dell’età pensionabile (immutato dal 1932) da 60 a 65 anni per gli uomini e da 55 a 63 anni per le donne.

Di sicuro ha influito anche l’aumento dell’iva, portata a gennaio dal 18 al 20 per cento nonostante i redditi dei russi siano calati per il quinto anno consecutivo. L’incremento degli introiti finanziari per lo stato, grazie all’aumento dell’iva e a quello del prezzo degli idrocarburi, permette a Putin di investire nelle infrastrutture e annunciare alcune misure sociali per ridare speranza alla popolazione.

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Nonostante l’insoddisfazione sociale Vladimir Putin sembra ancora intoccabile, perché da vent’anni basa il suo potere sul rafforzamento dell’autorità dello stato, non solo sul fronte interno (dopo il decennio catastrofico seguito alla fine dell’Unione Sovietica) ma anche dando l’impressione di ripristinare il prestigio internazionale di una Russia in ginocchio. Quello che l’occidente considera come avventurismo, in Ucraina e in Medio Oriente è infatti “venduto” (e come tale percepito dai russi) come un ritorno di una Russia rispettata sulla scena internazionale.

Anche per questo Putin ha dedicato una parte del suo discorso del 20 febbraio alla minaccia, rivolta agli Stati Uniti, di piazzare nuovi missili nelle vicinanze dei paesi europei dopo la denuncia da parte di Washington del trattato sui missili nucleari. L’obiettivo, chiaramente, è dimostrare che c’è ancora un comandante al timone.

Tutto questo evidenzia che, pur senza gilet gialli o elezioni libere, Putin deve tenere conto dell’opinione pubblica. In fondo gli autocrati sono uomini politici come gli altri, e sanno riconoscere il momento di fare concessioni.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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