20 ottobre 2020 10:06

Nel tentativo di affrontare l’islam radicale, il governo francese è alle prese con un problema che va oltre i confini nazionali: la difficoltà di far comprendere la sua strategia, i suoi obiettivi e il peculiare contesto francese al mondo musulmano.

Simbolo di questa difficoltà sono le critiche arrivate da Al Azhar, l’antica istituzione islamica con sede al Cairo generalmente considerata come la massima autorità sunnita, sempre che il concetto abbia davvero un senso. Il rettore di Al Azhar, lo sceicco Ahmed al Tayeb, ha reagito con stizza al recente discorso pronunciato dal presidente francese Emmanuel Macron sul “separatismo islamista”, definendolo “razzista”.

Al Azhar ha inoltre pubblicato una lunga dichiarazione dopo la decapitazione di Samuel Paty, professore assassinato il 16 ottobre da un giovane ceceno, condannando il gesto ma avanzando una richiesta ben precisa: l’adozione di una legge mondiale contro la “diffamazione delle religioni e dei loro simboli sacri”. In altri termini, l’omicidio non è accettabile, ma non lo sono neanche le caricature di Maometto.

Accettare la laicità
Al Azhar non è, come sostiene qualcuno, l’equivalente del Vaticano per i musulmani. Non esiste un Vaticano musulmano, e forse questo è parte del problema. In ogni caso questa istituzione millenaria resta un punto di riferimento, pur senza un quadro vincolante. È con Al Tayeb che papa Francesco ha riallacciato nel 2016 il dialogo tra cattolici e musulmani, interrotto sotto Benedetto XVI, ed è sempre con lo sceicco che il papa ha firmato l’anno scorso un “documento sulla fratellanza umana”.

All’inizio del 2019 il rettore di Al Azhar si è intrattenuto a lungo con Macron in occasione della visita di quest’ultimo al Cairo, ma ciò non gli ha impedito di emettere il suo recente giudizio critico.

Il problema risiede nell’incapacità di una parte del mondo musulmano, tradizionalista anche se non necessariamente islamista, di accettare la laicità alla francese, concetto che resta molto nazionale e poco esportato, anche se l’unico paese ad averlo replicato, la Turchia, attualmente è tutto fuorché laico.

L’eco deformato dei dibattiti e delle decisioni francesi alimenta questa incomprensione. In Asia e in Africa ho incontrato musulmani che mi hanno chiesto perché la Francia sia schierata contro l’islam. Non è stato facile spiegare che la questione non va posta in questi termini.

Di recente Macron si è espresso a proposito del separatismo, e tornerà a prendere la parola in occasione dell’omaggio a Samuel Paty. Forse il presidente francese dovrebbe preoccuparsi di rivolgersi anche al resto del mondo, affrontando un tema diventato cruciale non solo per il suo mandato, ma anche per l’immagine internazionale della Francia. Macron non deve giustificarsi – d’altronde è solo ai francesi che deve rendere conto – ma dovrebbe cercare di farsi capire per evitare una spaccatura prolungata.

Non sarebbe giusto lasciare che nel mondo prenda piede la tesi secondo cui la Francia è ostile non solo all’islam radicale ma all’islam nel suo complesso.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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