04 febbraio 2022 09:52

Vladimir Putin ha già perso la battaglia che ha scatenato? È un’ipotesi audace, considerando che centomila soldati russi restano ammassati alle frontiere dell’Ucraina e che la retorica di Mosca continua a essere aggressiva. Tuttavia dopo due mesi di tensioni diversi elementi lasciano pensare che Putin non abbia raggiunto i suoi obiettivi e che il costo di un’invasione continui a crescere.

Non è la prima volta che la Russia ammassa soldati alla frontiera con l’Ucraina, ma è la prima volta che Mosca avanza richieste specifiche. Queste pretese, da prendere o lasciare secondo il capo della diplomazia russa Sergej Lavrov, puntano non solo a impedire l’entrata di Kiev nella Nato, ma soprattutto a far tornare indietro la storia al 1997, prima dell’adesione dei paesi dell’Europa centrale e orientale all’alleanza militare guidata dagli Stati Uniti.

Questo ukaz (editto) russo provoca una cacofonia diplomatica, ma resta il fatto che gli occidentali hanno creato un fronte unito (certo, con alcune sfumature) dietro la difesa della sovranità ucraina. L’unico paese della Nato ad avere intrapreso una strada diversa è l’Ungheria di Viktor Orbán, che ha appena stretto con Mosca un accordo per la fornitura di gas a un prezzo di favore. Questo, inevitabilmente, lascerà tracce.

Conseguenze spiacevoli
Tutto ciò non basta per sostenere che Putin abbia perso, ma il forcing del presidente russo ha avuto diverse conseguenze che sicuramente non gli faranno piacere. La prima è quella di aver provocato un ritorno dell’impegno degli Stati Uniti in Europa in un momento in cui Washington si stava concentrando sulla sua rivalità con la Cina.

L’amministrazione Biden ha assorbito costruttivamente le critiche degli europei, soprattutto in occasione della caduta di Kabul e della vicenda dei sottomarini con la Francia, cominciando a collaborare con i propri alleati. Inoltre Washington ha annunciato l’invio di altri soldati in Europa, promettendo sanzioni severe.

Sono molti i fattori che smentiscono la possibilità di un’offensiva di grande portata contro l’Ucraina

Perfino Emmanuel Macron, convinto fino a due anni fa che la Nato fosse in stato di “morte cerebrale”, ha deciso di inviare i soldati francesi in Romania sulle rive del mar Nero, e nel frattempo porta avanti iniziative diplomatiche (anche con Putin) in piena trasparenza con gli alleati. Il presidente russo, insomma, non è riuscito a dividere gli europei.

Putin, però, non ha ancora detto la sua ultima parola, e al momento nessuno può sapere cosa abbia in mente. Sono molti i fattori che smentiscono la possibilità di un’offensiva di grande portata contro l’Ucraina (anche se questo non esclude l’impiego di altre tattiche destabilizzanti in questa “guerra ibrida”).

Prima di tutto il costo economico e militare di una simile operazione non sarebbe indifferente per la Russia, anche se questo approccio sembra fin troppo razionale considerando che Putin può decidere senza incontrare alcun ostacolo.

In secondo luogo bisogna considerare che la Cina, alleato indispensabile per la Russia, non ha interesse a lasciar scoppiare in Europa una guerra che destabilizzerebbe le sue esportazioni. Evidentemente Pechino e Mosca hanno interessi divergenti. Putin, presente il 4 febbraio nella capitale cinese per l’inaugurazione dei giochi olimpici invernali, dovrebbe incassare un sostegno politico che tuttavia non ha necessariamente il valore di un “via libera”.

A questo punto, forse, sarebbe il caso di offrire a Putin una via d’uscita, per “salvare la faccia”, come dicono i cinesi. Magari a crearla sarà il “formato Normandia” sull’Ucraina rilanciato dalla Francia. È una speranza fragile, ma la diplomazia ha ancora un margine di manovra.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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