30 giugno 2022 09:38

Negli anni novanta, dopo la caduta dell’Urss, in Europa si parlava molto dei “dividendi della pace”. La fine della minaccia sovietica, infatti, significava che si potevano ridurre le spese militari, e così gli effettivi delle forze statunitensi furono portati ai minimi dal 1945.

Quell’epoca è passata da tempo, ma c’è voluta l’invasione russa dell’Ucraina, lo scorso 24 febbraio, per dare un colpo di acceleratore nell’altro senso. In occasione del vertice della Nato, gli Stati Uniti hanno annunciato il più consistente dislocamento militare in Europa degli ultimi trent’anni: un quartier generale in Polonia, cinquemila uomini in Romania, rotazioni negli stati baltici, aerei F-35 nel Regno Unito, navi in Spagna, sistemi antiaerei preposizionati in Italia e in Germania…

Ufficialmente si tratta di un meccanismo difensivo approntato sul territorio della Nato e destinato a dissuadere qualsiasi velleità russa di allargare il campo di battaglia ai paesi vicini, ma la portata dell’operazione, che si aggiunge agli sforzi già compiuti dagli europei, la dice lunga sulla nuova epoca in cui siamo entrati.

Mosse di rassicurazione
Tutto questo non è certo l’anticamera di un intervento in Ucraina. In quel contesto la dottrina non è cambiata: “Vincere la guerra senza combatterla” resta la regola della Nato, o meglio “vincere la guerra garantendo all’Ucraina i mezzi per combatterla”.

Il dislocamento di forze statunitensi, ma anche europee (la Francia mantiene alcuni effettivi in Estonia e Romania), è destinato prima di tutto a rassicurare i paesi del fianco est dell’Europa, ovvero i più esposti. La Russia, infatti, minaccia la Lituania, a causa dell’approvvigionamento dell’enclave russa di Kaliningrad, e la Norvegia, stato della Nato, a causa dei russi che vivono nell’arcipelago artico delle Svalbard.

L’aumento della presenza militare rischia di essere duraturo

Queste decisioni dovrebbero dissuadere la Russia da qualsiasi azione contro i territori della Nato, o almeno questo è il messaggio che il vertice di Madrid ha voluto inviare con il dislocamento di ulteriori forze militari.

L’aumento della presenza militare rischia di essere duraturo e di protrarsi oltre i tempi di questa guerra che non accenna a fermarsi, in un continente tornato a essere una zona di instabilità.

Questo sviluppo solleva la questione dell’impegno dell’opinione pubblica occidentale sul lungo periodo. Oggi la solidarietà nei confronti dell’Ucraina è largamente maggioritaria, ma questo sostegno potrebbe essere intaccato dall’inflazione, dalle difficoltà energetiche del prossimo inverno e dai problemi economici. A questo si aggiunge il costo dell’aumento delle spese per la difesa.

Nel corso di tre vertici consecutivi – Consiglio europeo, G7 e Nato – gli occidentali non hanno mostrato alcun segno di cedimento o di divisione davanti alla prosecuzione della guerra russa. Di contro Putin è riuscito a far tornare in massa gli americani in Europa, un vero paradosso considerando che da un decennio non si parla d’altro che di una “svolta” degli Stati Uniti verso l’Asia. È un vero “effetto boomerang”.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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