11 ottobre 2023 10:17

L’invasione dell’Ucraina aveva messo in evidenza il rifiuto di una parte dei paesi del sud globale di seguire l’invito dell’occidente a condannare le azioni della Russia. Ora l’attacco di Hamas contro Israele sembra riproporre la stessa frattura, svelando le contrapposizioni.

Una mappa delle reazioni agli avvenimenti tragici cominciati all’alba del 7 ottobre, pubblicata dal sito Le Grand Continent, divide il mondo in tre gruppi: i paesi che condannano l’attacco e sostengono Israele, cioè gli occidentali e altri stati come l’India o il Kenya; una piccola minoranza che difende Hamas; e infine la stragrande maggioranza dei governi, che manifesta una neutralità ambigua e chiede con prudenza una de-escalation.

Gli occidentali si ritrovano relativamente isolati in quella che considerano una posizione logica dal punto di vista morale, considerata la barbarie dei terroristi che hanno preso di mira i civili. Ma in realtà questa posizione non è affatto scontata agli occhi di buona parte del mondo, anzi risulta ipocrita.

È un dibattito già visto a proposito dell’Ucraina. Quando gli occidentali parlano di violazione del diritto internazionale, gli altri rispondono: “Certo, ma allora l’Iraq? E la Palestina?”.

Se esiste un contesto in cui l’accusa di utilizzare due pesi e due misure rivolta agli occidentali ha un senso è sicuramente quello della questione palestinese: la prima risoluzione Onu sui territori risale al 22 novembre 1967. È la famosa risoluzione 242, che pretende il “ritiro delle forze armate israeliane dai territori occupati”. Sono passati 55 anni, e non solo la risoluzione è rimasta lettera morta, ma gli Stati Uniti hanno utilizzato 42 volte il loro diritto di veto per favorire Israele.

Oggi dire che bisogna condannare Hamas per i suoi crimini abominevoli non basta a convincere quei paesi che non dimenticano come il mondo abbia chiuso gli occhi davanti al dramma dei palestinesi. Secondo loro gli occidentali hanno perso da tempo il diritto di stabilire cos’è giusto e sbagliato.

Questa distanza è difficile da colmare, soprattutto in un momento in cui gli animi s’infiammano davanti al flusso d’immagini che arrivano da Israele e Gaza. Oggi i governi occidentali hanno difficoltà a dire che si può allo stesso tempo condannare gli atti terroristici di Hamas e chiedere una soluzione politica per la questione palestinese.

Anche all’interno dell’Unione europea emerge una tendenza all’escalation che fa dimenticare la necessità di fare politica. Lo abbiamo visto con il caos sugli aiuti ai palestinesi. Una loro interruzione era stata annunciata da un commissario che a quanto pare non aveva il potere di farlo. Poi vari paesi hanno assicurato che non ci saranno cambiamenti.

Il 10 ottobre il presidente francese Emmanuel Macron ha confermato gli aiuti di Parigi, 96 milioni di euro in totale, perché arrivano direttamente alla popolazione civile e non ad Hamas. D’altronde privare i palestinesi degli aiuti per le cure sanitarie o per l’istruzione significherebbe fare il gioco degli estremisti, anche se alcuni in Europa non lo capiscono. Per non parlare del rischio di allargare il fossato con il resto del mondo, uno dei segnali più inquietanti di quest’epoca.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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