Il 20 maggio l’Unione europea ha adottato il suo diciassettesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia dall’invasione dell’Ucraina, ormai più di tre anni fa. All’indomani della telefonata fra Trump e Putin, che sembra aver sancito l’abbandono dell’Ucraina da parte degli Stati Uniti, quella di Bruxelles è una decisione che assume l’aria di una sfida.
Da quando Trump è tornato alla Casa Bianca, quattro mesi fa, la posizione degli Stati Uniti sull’Ucraina è stata mutevole. Fino alla settimana scorsa Washington lavorava ancora coordinandosi con gli europei per ottenere un cessate il fuoco incondizionato (già accettato da Kiev), con la minaccia di sanzioni contro la Russia nel caso Mosca rifiutasse di accettarlo.
Ma il 19 maggio è emersa la vera natura delle cose. Al termine della sua telefonata di due ore con Putin (secondo Trump andata così bene che nessuno dei due voleva riagganciare) il presidente statunitense ha pubblicato un post nello stile di Ponzio Pilato: lascerà che i due fronti negozino tra loro e se ne laverà le mani. Di sanzioni non si parla più.
È davvero la fine dell’impegno di Washington? Negli ultimi mesi ci sono stati così tanti colpi di scena che non possiamo escludere nulla. Tra l’altro oggi gli europei puntano sui parlamentari repubblicani che ancora sostengono l’Ucraina, nella speranza che possano convincere il presidente a cambiare rotta.
Il 19 maggio il senatore repubblicano Lindsey Graham ha chiamato il ministro degli esteri francese Jean-Noël Barrot per promettergli che proseguirà i suoi sforzi in questo senso. Graham sostiene un progetto di legge appoggiato da settanta senatori su cento che prevede sanzioni severe contro la Russia in caso di fallimento del negoziato con l’Ucraina. Tuttavia, prima di essere sottoposto al voto del senato, il progetto avrà bisogno del via libera della leadership repubblicana e verosimilmente anche della Casa Bianca.
Per il momento non c’è alcun segnale che faccia pensare a un’interruzione dell’appoggio militare statunitense nei confronti dell’Ucraina, né in termini di consegna di armi né, fatto forse ancora più importante, sulla condivisione delle informazioni raccolte dai satelliti statunitensi.
Gli europei possono raccogliere il testimone da Washington? È la grande domanda del momento. Le sanzioni adottate il 20 maggio dall’Unione e dal Regno Unito evidenziano una forte determinazione a non abbandonare l’Ucraina, a prescindere dall’atteggiamento di Trump. Sarebbe una novità che avrebbe conseguenze rilevanti per i rapporti transatlantici.
Tra i bersagli delle nuove sanzioni c’è la cosiddetta flotta fantasma, che permette alla Russia di aggirare l’embargo occidentale sulle vendite di idrocarburi. L’Europa vuole colpire anche i paesi che continuano a comprare il petrolio russo e in alcuni casi hanno addirittura aumentato il volume d’affari dopo l’invasione, per approfittare del crollo del prezzo del greggio. Tra questi c’è l’India, paese con cui l’Europa ha buoni rapporti ma che rifiuta di sanzionare la Russia, con cui condivide l’appartenenza al gruppo dei Brics.
L’Ucraina è davanti all’ennesima svolta. Il 20 maggio Volodymyr Zelenskyj ha sottolineato che il coinvolgimento degli Stati Uniti è cruciale, perché ad approfittare della loro assenza sarà Putin. L’Europa condivide questo timore.
Ma Trump, l’uomo che aveva promesso di risolvere il conflitto ucraino in 24 ore, sogna affari miliardari con la Russia simili a quelli che sta trattando con i paesi del Golfo. Bisognerà rassegnarsi: il presidente degli Stati Uniti ha una visione mercantile in cui il destino dei popoli conta molto poco.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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