18 dicembre 2017 16:00

Shahzad Saqib era un uomo coniugato che voleva risposarsi. Senza prendersi il disturbo di chiedere il permesso a sua moglie, Ayesha Bibi, ha sposato un’altra donna. Quando l’ha scoperto, Ayesha Bibi ha fatto ciò che dovrebbero fare molte più prime mogli in Pakistan, ossia ha portato il caso in tribunale. Qui i suoi avvocati hanno sostenuto che il diritto di famiglia prevede per l’uomo l’obbligo di ottenere il permesso della sua prima moglie prima di sposarne una seconda. Saqib, dal canto suo, ha sostenuto che era suo diritto sposare quattro donne, senza dover chiedere il permesso a nessuno.

Si sbagliava. Come ha dimostrato il verdetto, la norma prevede che qualsiasi uomo che voglia risposarsi presenti una domanda scritta al presidente del consiglio arbitrale. Se non è stato nominato un presidente, la domanda può essere presentata direttamente al consiglio. Se questa domanda non è presentata, sono previste multe e perfino il carcere agli uomini che non rispettano la legge.

Pochi giudici in Pakistan hanno applicato la disposizione. Alcuni propendono per la premessa che essendo nell’islam accordata la possibilità di sposare quattro donne, tutte le condizioni imposte all’unione possano essere ignorate. La questione è emersa qualche tempo fa in occasione di una decisione della corte suprema. I giudici in quel caso hanno chiamato in causa il fatto che il permesso per la poligamia non è una concessione generalizzata, ma piuttosto un istituto basato sull’idea di garantire giustizia a tutte le mogli.

Donne e bambini che vivono in famiglie poligame sperimentano forti livelli di stress emotivo che provocano depressione

In base a quanto stabilito dall’ordinanza, il mancato permesso da parte della moglie e del consiglio arbitrale può essere portato all’attenzione della corte dalla “parte offesa”. In parole povere, in base all’ordinanza qualsiasi donna che sa che un permesso simile non è stato ottenuto né da lei né dal presidente del consiglio arbitrale può portare il marito in tribunale.

Nel secondo caso qui discusso, l’uomo che ha sfidato la legge è stato condannato a un mese di carcere. Nel caso di Shahzad Saqib, la pena inflitta è stata di sei mesi. La legge consente ai giudici di imporre una condanna fino a un anno di carcere. L’imposizione di queste sentenze segna un passo in avanti nel tentativo di rendere il diritto di famiglia più giusto per le donne pachistane e rappresenta un buon esempio per altri paesi musulmani. Come sottolineano da diversi anni organizzazioni come Sisters in islam, in Malesia, nell’islam o nel Corano non esiste alcun permesso generalizzato per la poligamia.

Inoltre, gli effetti deleteri della poligamia su donne e bambini documentati da questa organizzazione esigono l’intervento delle istituzioni giuridiche il cui scopo principale è quello di mantenere la giustizia tra i diversi membri della società e proteggere istituzioni come la famiglia. Le prove raccolte dal gruppo rivelano come sia le donne sia i bambini che vivono in famiglie poligame sperimentino forti livelli di stress emotivo e di conflitto che provocano depressione o altre malattie. La maggior parte dei bambini racconta che il padre li ha trascurati con l’arrivo della seconda moglie.

Violenza domestica e fragilità
In base a una ricerca più recente pubblicata nel 2015 dal Journal of Family Studies, i bambini delle famiglie poligame hanno maggiori disturbi mentali rispetto a quelli che vivono in famiglie monogame. Nello specifico, i bambini e gli adolescenti delle famiglie non monogame mostrerebbero scarso spirito di adattamento, comportamento aggressivo e antisociale, disordini della comunicazione e una scarsa autostima.

Alcuni possono essere maggiormente inclini all’abuso di droghe e all’alcolismo. Non c’è da stupirsi se i bambini di queste famiglie hanno un rendimento scolastico inferiore rispetto a quello di bambini cresciuti in famiglie con un padre e una madre. In contesti domestici poligami è più probabile che si verifichino episodi di violenza domestica, liti tra marito e moglie e divorzio, situazioni che provocano in chi vi è coinvolto alti livelli di stress e di insicurezza.

Tutti questi dati sono rilevanti quando si parla di poligamia, perché sposare più donne è sempre più spesso e con sempre maggiore frequenza presentato dagli uomini coinvolti come un’azione di altruismo finalizzata ad aiutare donne che altrimenti non avrebbero un uomo disposto a proteggerle o bambini che potrebbero non avere un padre in vita.

Una distorsione sociale
In base ai dati sopra menzionati, la poligamia sembra creare molti più problemi di quanti ne risolva, poiché impone alle donne e ai bambini coinvolti una condizione molto peggiore di quella che vivrebbero se dovessero cavarsela da soli. Il problema in questi casi non è l’indigenza che rischiano le donne, ma una società in cui avere un protettore è visto l’unico modo in cui una donna possa ottenere sicurezza e serenità.

Per tutte queste ragioni, l’applicazione giudiziaria delle pene detentive dell’ordinanza sul diritto di famiglia deve essere ben accolta. Se non saranno applicate le leggi esistenti che prevedono una sanzione nei casi di mancato permesso, i miti secondo cui la poligamia è un diritto generalizzato, tutti gli uomini sono giudici in grado di emanare decreti unilaterali sulle loro mogli e tutti quanti traggono dei benefici dalla poligamia non saranno mai eliminati dalle menti degli ignoranti e degli egoisti.

Le leggi, così come sono state promulgate dai rappresentanti eletti, rappresentano il primo passo verso la possibilità che alle donne pachistane sia garantito di essere trattate in modo equo, così com’è stabilito dalla legge in Pakistan; il secondo, importantissimo passo sarà l’effettiva applicazione delle leggi.

Il caso di Shahzad Saqib, che voleva risposarsi senza aver ottenuto il permesso della sua prima moglie e senza seguire le corrette procedure legali, dovrebbe essere da ammonimento per tutti gli uomini. Per fermare questa pratica, forse la prigione riuscirà laddove la ragione ha fallito.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano pachistano Dawn.

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