16 marzo 2011 15:27

L’idea che le potenze straniere debbano intervenire in Libia per evitare che Muammar Gheddafi massacri i civili ha generato un ampio dibattito in tutto il mondo. La questione è particolarmente complicata perché impone di conciliare aspetti umanitari, giuridici, politici, militari e logistici.

E lo diventa ancora di più se prendiamo in considerazione la possibilità di un intervento statunitense, considerati i precedenti dell’unilateralismo di Washington e la loro doppia morale in altri casi di sofferenze inflitte ai civili da altri governi del Medio Oriente.

Dopo quello che è successo in Ruanda, Kosovo e Bosnia Erzegovina negli ultimi vent’anni, l’obbligo della comunità internazionale di proteggere i civili da violenze, omicidi, pulizie etniche è ormai ampiamente riconosciuto. Come e quando metterlo in atto, e cosa fa scattare un intervento simile, restano questioni molto discusse. La situazione libica rende il problema ancora una volta reale e urgente.

La mia opinione è che un intervento internazionale in Libia sia opportuno, dato che la maggioranza dei suoi cittadini ha espresso il desiderio di mettere fine al regime di Gheddafi e di stabilire un sistema di governo davvero partecipativo, rappresentativo e democratico. Però un intervento del genere, sia esso di natura politica, umanitaria o militare, dovrebbe avvenire solo con tre presupposti: una richiesta di aiuto davvero credibile da parte del popolo libico, il sostegno arabo-islamico-africano – ottenuto attraverso le organizzazioni internazionali che radunano i paesi della regione – e la legittimità derivante da una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu.

Cercare alleati

Il primo e l’ultimo presupposto probabilmente esistono già, ma ottenere l’autorizzazione dei paesi arabi e africani a un intervento straniero potrebbe essere difficile: la linea politica di organizzazioni come la Lega araba viene decisa dai governi, che probabilmente sono restii ad accettare un intervento, perché in futuro potrebbero trovarsi nella stessa situazione della Libia.

Se l’approvazione dei paesi arabi è difficile da ottenere attraverso la Lega araba, forse sarebbe meglio puntare sui singoli stati, invece di aspettare il consenso collettivo. I dettagli di questa operazione potrebbero essere discussi per mesi, ma ogni giorno che passa i libici subiscono nuove atrocità per mano del regime di Gheddafi.

Se si vuole fermare questo massacro e trasformare il desiderio del popolo libico in un cambiamento di governo e di classe dirigente bisogna decidere in fretta. Il malgoverno, le violazioni dei diritti umani e le atrocità in atto in tutta la regione richiedono risposte diverse.

Oggi la Libia ci ricorda che certe questioni vengono sollevate solo durante le crisi, quando le violenze rendono più pressante l’urgenza di intervenire e di proteggere i civili. In alcuni paesi arabi i governi sono stati responsabili della morte di decine di migliaia di persone e in certi casi, come quello del Sudan, di milioni di cittadini.

Sempre nella regione, Israele ha attaccato brutalmente le terre libanesi e palestinesi, ha ucciso migliaia di persone, ne ha imprigionate altre migliaia, colonizzato le terre palestinesi con la pulizia etnica, e assediato la Striscia di Gaza al punto che i bambini della zona sono rachitici e malnutriti.

E tutti gli altri?

Perché la comunità internazionale dovrebbe intervenire in Libia se non fa nulla per fermare le sofferenze causate dai governi in altre parti del mondo arabo? Perché imporre sanzioni all’Iran per paura di quello che Teheran potrebbe fare con l’energia nucleare, quando la stessa comunità internazionale tace sulle violazioni dei diritti umani in molti paesi della regione?

La mia risposta a questi interrogativi è che il popolo libico in lotta per la libertà ha bisogno di aiuto e se un intervento militare è difficile da realizzare, devono essere subito usate tutte le altre forme di solidarietà: riconoscere il Consiglio nazionale di opposizione come legittimo rappresentante del popolo libico, mandare grandi quantità di aiuti umanitari e di altro genere, usare tutti gli strumenti messi a disposizione dal diritto internazionale per far pressione sul regime di Gheddafi e, se il Consiglio nazionale lo richiederà, inviare delle armi agli insorti.

È chiaro che il regime di Gheddafi ha perso ogni legittimità agli occhi del suo popolo e della comunità internazionale. Per questo il mondo dovrebbe agire con fermezza a livello politico e sostenere il Consiglio nazionale per favorire il passaggio a un nuovo sistema di governo. Un’azione militare straniera sarebbe molto più complicata, perché usare la forza contro la Libia sarebbe un atto di guerra che metterebbe in crisi il diritto internazionale.

Oggi il mondo deve agire subito sul terreno politico per sostenere l’opposizione libica, fino a quando la comunità internazionale non avrà la legittimazione per usare la forza militare in caso di necessità.

*Traduzione di Bruna Tortorella.

Internazionale, numero 889, 17 marzo 2011*

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