16 luglio 2009 00:00

Conosco Hanaa Edward da più di vent’anni. Da sempre si batte coraggiosamente per difendere i diritti delle donne. Ogni volta che ci sono degli attacchi contro i cristiani iracheni penso a lei. Domenica le ho telefonato per assicurarmi che stesse bene dopo le esplosioni avvenute di fronte a tre chiese di Baghdad. Hanno causato quattro morti e ventuno feriti.

L’ufficio dell’associazione per cui lavora, Al Amal, è vicino a una di queste chiese. Hanaa pensa che l’attentato sia un avvertimento rivolto ai cristiani per spingerli a non tornare nella capitale ora che le condizioni di sicurezza della città sembrano essere migliorate. Non riesco a immaginare l’Iraq senza Hanaa e la sua comunità cristiana: fanno parte della nostra cultura. Le ho chiesto se aveva paura e se pensava di lasciare il paese per un po’ di tempo. Mi ha risposto seccamente: “Assolutamente no”.

Hanaa pensa che i cristiani sono sempre stati bersaglio delle aggressioni dei gruppi armati, ma non sono emarginati dalla società civile irachena. “Abbiamo dei vicini musulmani che ci appoggiano e sono pronti a difenderci”, mi dice ad alta voce mentre le campane di una chiesa vicina cominciano a suonare. “Sia noi sia loro siamo vittime della violenza”.

Internazionale, numero 804, 17 luglio 2009

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