27 febbraio 2015 15:42

“Sono sconvolto da quello che ho visto in tv”. Hosham Dawood, un antropologo iracheno, mi ha telefonato subito dopo aver visto le terribili immagini dei terroristi del gruppo Stato islamico impegnati a distruggere statue e reperti storici del museo di Mosul.

Queste scene hanno rafforzato la paura degli iracheni che sia in corso una catastrofe culturale. Alcuni hanno accusato il governo di rimanere a guardare in silenzio. Il poeta Andul Zahra fa notare che alcuni leader religiosi iracheni condividono le stesse credenze che muovono i jihadisti: pensano cioè che le statue e i monumenti che sono stati distrutti siano “asnam haram” (idoli proibiti). Altri invece puntano il dito contro le vecchie autorità locali di Mosul, che hanno abbandonato la città senza assicurarsi che il patrimonio storico della città fosse adeguatamente protetto.

Da una settimana il gruppo Stato islamico continua la sua campagna contro i monumenti e i reperti archeologici di Mosul. Due antiche moschee sono state rase al suolo. Gli ottomila libri e documenti storici contenuti nella principale biblioteca della città sono stati dati alle fiamme e completamente distrutti.

“Sembra che i jihadisti vogliano lasciare il nulla dietro di sé quando si ritireranno”, dice l’intellettuale Azhar Alwakil. “Come hanno decapitato degli esseri umani, ora stanno decapitando le statue assire e sumere”. Lui e altri suoi colleghi stanno facendo pressioni sugli addetti culturali delle ambasciate irachene di tutto il mondo affinché lancino una campagna per la tutela del patrimonio della Mesopotamia, la culla della civiltà.

(Traduzione di Francesca Sibani)

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