L’altro giorno a casa di Alwan la discussione sulla diga di Mosul è durata solo cinque minuti. “Nessuno sa niente di preciso al riguardo”, è stata la conclusione. La questione della diga è tornata d’attualità quando i vertici dell’esercito statunitense hanno richiamato l’attenzione sulle terribili conseguenze dell’inondazione che si verificherebbe se la diga dovesse crollare a causa della mancanza di manutenzione.

Lo stesso Barack Obama ha chiamato il premier iracheno Haidar al Abadi chiedendogli di adottare misure d’emergenza per scongiurare il pericolo. Il rapporto parla di un’onda alta 110 metri che potrebbe investire le maggiori città del paese, da Mosul a Baghdad fino a Bassora, e uccidere centinaia di migliaia di persone.

I portavoce del governo iracheno hanno negato che esista un simile rischio. Hanno dichiarato che ogni anno sono prese le misure necessarie a mantenere in sicurezza la principale diga sul fiume Tigri. Secondo il governo è solo una campagna per screditare le autorità in un momento cruciale della lotta contro il gruppo Stato islamico. Altri dicono che dietro le allarmanti notizie ci sarebbe l’azienda italiana che dovrebbe riparare la diga. Il ministro delle finanze iracheno Hoshyar Zebari ha dichiarato che il contratto con l’azienda sarà firmato al più presto per scongiurare ogni pericolo.

“Abbiamo già abbastanza problemi di cui preoccuparci. Non credo che questa sia una minaccia seria. Sono più preoccupato dalla crisi economica e dalle conseguenze che avrà per i miei tre figli”, ha risposto un venditore ambulante intervistato dalla tv.

(Traduzione di Gabriele Crescente)

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