21 marzo 2018 15:18

Le droghe si stanno diffondendo tra i giovani iracheni come una malattia. È questo l’avvertimento lanciato dai giudici di Baghdad al governo. L’Iraq meridionale, e soprattutto Bassora, è ormai la rotta principale del traffico di narcotici dall’Iran. Solo nel 2017 sono state arrestate a Bassora 3.479 persone per spaccio o consumo di sostanze stupefacenti illegali. Tra gli spacciatori arrestati a Baghdad, anche l’alto funzionario dell’intelligence irachena Jawad al Yasiri, figlio del governatore della città santa di Najaf. È stato fermato il 20 gennaio scorso, mentre da Najaf stava andando nella capitale. Nella sua auto ufficiale trasportava 28 sacchetti da venti grammi ciascuno di hashish e settemila pasticche.

Il capo della corte penale centrale Ahmad Meray ha riferito alla stampa che gli spacciatori prendono di mira i giovani nei bar. Introducono le droghe nei narghilè, così i fumatori ne diventano dipendenti. Secondo il giudice Meray le droghe sono una delle cause principali dei reati di omicidio e rapimento, oltre che una delle principali fonti di finanziamento delle bande terroristiche.

Una donna di 44 anni ha scritto a un giornale prendendosela con il sistema sanitario iracheno che facilita la somministrazione di diversi tipi di droghe a chi soffre di dolori cronici o depressione. Nella sua lettera scrive: “Il senso di euforia che ho provato dopo aver assunto gli antidolorifici era così forte che tutto mi sembrava bello. Ho capito come persone afflitte da sofferenze sentimentali, solitudine o depressione, possano assuefarsi a questo tipo di droghe”. La droga più diffusa in Iraq è il Crystal, prodotta nei paesi vicini per essere fumata o iniettata. I giudici della corte penale hanno criticato la nuova legge sui narcotici approvata ufficialmente nel 2017, in base alla quale quelli connessi alle droghe sono considerati reati comuni. Prima del 2003 la punizione per questo genere di reati in Iraq andava dal carcere duro alla pena di morte. Secondo alcune ong di Bassora la colpa è della corruzione che ha aperto l’Iraq alle bande di trafficanti.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it