07 dicembre 2020 16:41

Per la terza volta la città di Nassiriya, nel sud dell’Iraq, è diventata capitale delle manifestazioni antigovernative. La temperatura delle proteste ha raggiunto l’apice nella città, che si trova 360 km a sud di Baghdad, in seguito ai violenti scontri con i seguaci del leader religioso sciita Moqtada al Sadr.

In due giorni di scontri sei manifestanti sono rimasti uccisi e molti sono stati feriti da colpi di arma da fuoco e coltelli.

I numeri di Al Sadr
Al Sadr ha ordinato ai suoi seguaci di prendere d’assalto piazza Al Haboubi, il luogo principale della protesta, per riscaldare il clima politico in vista delle prossime elezioni, fissate per il 6 luglio 2021.

Al Sadr crede di poter conquistare nel prossimo parlamento iracheno cento seggi sui 325 totali. Con questi numeri sarebbe in grado di influenzare la formazione dell’esecutivo che sarà in carica per i successivi quattro anni.

Con i suoi 54 seggi, il suo blocco è il più numeroso nell’attuale assemblea.

Spinto da queste pressioni, il governo di Mustafa al Kadhimi ha intrapreso ulteriori iniziative per mettere fine alle proteste che vanno avanti dall’ottobre del 2019. Ma il tentativo pacifico del governo d’interrompere le proteste non è riuscito a convincere i manifestanti di Nassiriya a lasciare le strade.

Martedì 2 dicembre, in seguito alla campagna di arresti avviata dal governo, trenta attivisti hanno lasciato le loro case per nascondersi altrove, incoraggiando i manifestanti a proseguire le proteste. Gli osservatori più pessimisti si aspettano che da Nassiriya, la città più povera e più calda del paese, partirà la scintilla di una guerra civile tra sciiti.

(Traduzione di Francesco De Lellis)

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