In un discorso tenuto all’assemblea generale delle Nazioni Unite il 21 settembre, il generale Abdel Fattah al Burhan, capo della giunta militare sudanese, ha avvertito che il conflitto in corso nel paese potrebbe estendersi al resto della regione, e ha chiesto alla comunità internazionale di sostenerlo nella lotta contro i paramilitari delle Forze di supporto rapido.
Al Burhan, che guida il paese dal colpo di stato del 2021, ha lasciato intendere che le Forze di supporto rapido hanno legami con il gruppo russo Wagner, colpito da sanzioni occidentali per le sue attività in Africa.
“Il conflitto in Sudan è una minaccia per la pace e la sicurezza regionale e internazionale”, ha detto Al Burhan. “I paramilitari hanno infatti cercato il sostegno di gruppi fuorilegge e terroristici attivi in vari paesi”.
La guerra è scoppiata il 15 aprile dopo il fallimento di un tentativo d’integrare nell’esercito il gruppo paramilitare Forze di supporto rapido, guidato dall’ex vice di Al Burhan, il generale Mohamed Hamdan Dagalo.
Secondo l’ong Acled, il conflitto ha causato almeno 7.500 vittime e cinque milioni di profughi, infliggendo un duro colpo alle speranze di ripristinare la democrazia in Sudan.
Nel suo discorso Al Burhan ha invitato la comunità internazionale a designare le Forze di supporto rapido come gruppo terroristico.
All’inizio di settembre gli Stati Uniti hanno introdotto sanzioni contro alcuni leader paramilitari, tra cui Abdelrahim Hamdan Dagalo, fratello del capo del gruppo, accusati di essere coinvolti in vari crimini, tra cui l’omicidio del governatore del Darfur Occidentale.
Ma gli Stati Uniti e gli alleati occidentali sono fortemente critici anche nei confronti di Al Burhan.
Nel 2021, insieme a Dagalo, Al Burhan ha assunto il potere mettendo fine all’esperienza di un governo civile, basata su un accordo di condivisione del potere firmato dopo la destituzione, avvenuta in seguito a proteste di massa, del dittatore Omar al Bashir.