Profughi in attesa di essere registrati vicino a Kornidzor, in Armenia (Alain Jocard, Afp)

Tra il 24 e il 25 settembre migliaia di profughi provenienti dal Nagorno Karabakh hanno raggiunto l’Armenia, mentre i presidenti dell’Azerbaigian e della Turchia si riuniscono per celebrare la vittoria di Baku sull’enclave ribelle.

Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan, che ha accusato la Russia di essere responsabile della rapida vittoria dell’esercito azero sulle forze separatiste nel territorio conteso, dovrà invece affrontare nuove manifestazioni di protesta a Erevan per come ha gestito la crisi.

Pochi giorni dopo la fine dei combattimenti, i primi profughi sono arrivati in Armenia il 24 settembre. In un comunicato emesso il 25 settembre, il governo armeno ha fatto sapere che finora gli arrivi sono 2.906.

I profughi, accolti in un centro umanitario allestito in un teatro a Goris, si sono registrati per trasporti e alloggi.

“Abbiamo vissuto giorni terribili”, ha detto Anabel Ghulasyan, 41 anni, originaria del villaggio di Rev, nel Nagorno Karabakh.

È arrivata a Goris in minibus con la famiglia, portando i suoi effetti personali in alcune borse.

Negli ultimi trent’anni l’Armenia e l’Azerbaigian hanno combattuto due guerre per il Nagorno-Karabakh, un’enclave a maggioranza armena all’interno dei confini dell’Azerbaigian.

Il 19 settembre l’Azerbaigian ha lanciato un’operazione lampo per assumere il controllo del territorio, costringendo i separatisti a deporre le armi, come previsto da un cessate il fuoco concordato il giorno dopo.

I separatisti hanno dichiarato che circa duecento persone sono morte nei combattimenti della scorsa settimana.

Tra le vittime ci sono anche sei membri di una forza di mantenimento della pace russa, che erano stati schierati nella regione nell’ambito di un accordo per mettere fine a un precedente conflitto nel 2020.

Al centro profughi di Goris, Valentina Asryan, 54 anni, originaria del villaggio di Vank, fuggita con i nipoti, ha raccontato che anche suo cognato è rimasto ucciso.

“Chi avrebbe mai pensato che i ‘turchi’ potessero invadere uno storico villaggio armeno?”, ha detto, riferendosi alle forze azere.

Asryan è stata accolta temporaneamente in un hotel di Goris e non ha parenti in Armenia. “Non ho un posto dove andare”, ha detto.

Al valico di frontiera di Kornidzor, il 24 settembre, un uomo di circa trent’anni arrivato con il primo gruppo di rifugiati ha detto di essersi pentito di aver lasciato il bestiame e la tomba della figlia di tre anni. “Avevamo un quarto d’ora per fare le valigie. Non sono neanche riuscito a dire addio a mia figlia. Spero di tornare”.

Aliyev incontra Erdoğan

Il presidente azero Ilham Aliyev ha deciso di celebrare la vittoria volando nell’exclave del Naxçıvan per un vertice con il suo collega turco Recep Tayyip Erdoğan, il più importante alleato regionale.

I due leader inaugureranno un gasdotto e un complesso militare, in quella che gli analisti considerano una dimostrazione di forza turca in netto contrasto con l’apparente disimpegno della Russia dalla regione.

Il 24 settembre il premier armeno Pashinyan ha scaricato la colpa della sconfitta sulla Russia, uno storico alleato, denunciando violazioni del patto di sicurezza tra alcuni paesi dell’area.

In un intervento trasmesso dalla tv nazionale, Pashinyan ha affermato che il paese dovrà cercare nuove alleanze.

L’Armenia fa parte dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva, un gruppo capeggiato dalla Russia che impegna sei stati ex sovietici a sostenersi a vicenda in caso di attacco.

Ma la Russia, impegnata nella guerra in Ucraina, ha rifiutato di aiutare l’Armenia nell’ultimo conflitto per il Nagorno Karabakh, sostenendo che per Erevan fosse arrivato il momento di riconoscere la sovranità dell’Azerbaigian sul territorio.

Ora le forze di pace russe stanno aiutando i soldati azeri a disarmare le forze separatiste del Nagorno Karabakh.

Pashinyan è sotto pressione in patria a causa delle manifestazioni di protesta seguite alla vittoria dell’esercito azero.

I manifestanti hanno annunciato dei blocchi stradali nella capitale Erevan per almeno tre giorni.

Ritratti dei “martiri”

Nel frattempo, nei villaggi azeri vicini al confine con il Nagorno Karabakh, come Terter e Beylagan, gli abitanti festeggiano la vittoria.

Ai bordi delle strade sono state issate bandiere e ritratti dei “martiri” uccisi nei combattimenti degli ultimi trent’anni.

Alcuni abitanti fuggiti in passato dal Nagorno Karabakh hanno detto di voler tornare.

“Certo che voglio tornare”, ha detto Nazakat Valiyeva, 49 anni, ex operaia di una fabbrica di tappeti che ha perso il marito nel conflitto del 2020.

Azad Abbasov, un insegnante, ha detto che armeni e azeri dovrebbero vivere fianco a fianco.

“Bisogna guardare al futuro”, ha detto, escludendo la possibilità di occupare una casa abbandonata da una famiglia di etnia armena.

“Gli armeni devono poter tornare ai loro villaggi”, ha concluso.

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