Il 3 ottobre l’esercito colombiano ha presentato per la prima volta le sue scuse ai familiari dei civili uccisi dai soldati nell’ambito dello scandalo dei “falsi positivi”. I soldati uccidevano i civili presentandoli poi come guerriglieri uccisi in combattimento.
Secondo la Giurisdizione speciale per la pace (Jep), un tribunale che ha il compito d’indagare sui crimini commessi durante il conflitto armato colombiano, le vittime civili di questa pratica sono state 6.402 tra il 2004 e il 2008. In alcuni casi i soldati arrivavano a rivestire i cadaveri con uniformi dei guerriglieri.
“Riconosciamo che alcuni militari hanno commesso atti orribili che non sarebbero mai dovuti accadere”, ha dichiarato il capo dell’esercito, il generale Luis Ospina, durante una cerimonia a Bogotá. “Questi assassini e i loro complici hanno infangato l’esercito”.
“Offriamo le nostre scuse più sincere e chiediamo perdono”, ha aggiunto, rivolgendosi ai familiari delle vittime.
Quello dei “falsi positivi” è uno dei più grandi scandali che hanno coinvolto l’esercito colombiano durante il conflitto con i gruppi ribelli di estrema sinistra.
Giorni di riposo e onorificenze
Alcuni dei familiari presenti alla cerimonia hanno chiesto di conoscere l’identità dei mandanti di questi omicidi, il cui obiettivo era migliorare i dati sulla lotta ai guerriglieri per ottenere benefici, tra cui giorni di riposo e onorificenze.
Secondo le associazioni delle vittime, i soldati attiravano i civili promettendo di dargli un lavoro e poi li uccidevano.
Negli anni seguenti i comandanti dell’esercito hanno negato questi crimini, sostenendo che fossero bugie per screditare le forze armate.
Alcuni soldati hanno dichiarato al Jep di aver subìto pressioni dai loro superiori, in particolare da Mario Montoya, ex capo di stato maggiore dell’esercito e oggi in pensione, considerato vicino all’ex presidente di destra Álvaro Uribe.
Alla fine di agosto il Jep ha incriminato Montoya per crimini contro l’umanità per il suo ruolo nell’omicidio e nella scomparsa di 130 civili presentati come guerriglieri morti in combattimento.