Il Pride a San Pietroburgo, 3 agosto 2019. (Anton Vaganov, Reuters/Contrasto)

Il 30 novembre la corte suprema russa ha messo al bando per “estremismo” il movimento lgbt+, aprendo la strada a procedimenti giudiziari contro gli omosessuali e gli attivisti che ne difendono i diritti in Russia.

Da anni la Russia afferma di voler difendere i valori “tradizionali” di fronte alla decadenza occidentale. Questo atteggiamento si è rafforzato dopo l’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022, producendo un giro di vite contro ogni forma di dissenso.

Il giudice Oleg Nefedov ha stabilito che “il movimento internazionale lgbt+ e i gruppi affiliati sono estremisti”, e ha chiesto che le loro attività siano quindi bandite in tutto il territorio della Federazione Russa.

Nefedov ha chiarito che il divieto scatterà “immediatamente”.

L’udienza, durata poche ore, si è svolta a porte chiuse perché il caso era stato classificato come “riservato”.

“All’udienza c’era un rappresentante del ministero della giustizia, mentre la difesa non era rappresentata”, ha affermato la corte suprema all’agenzia di stampa statale Ria Novosti.

Pesanti pene detentive

A metà novembre il ministero della giustizia aveva chiesto che il movimento internazionale lgbt+ fosse classificato come “organizzazione estremista” e messo al bando, senza chiarire quali associazioni specifiche dovessero essere prese di mira e lasciando quindi mano libera ai tribunali.

Qualsiasi attività pubblica associata a quelle che la Russia considera preferenze sessuali “non tradizionali” potrebbe ora essere punita come “estremismo”, un reato punibile con pesanti pene detentive.

“Non c’è limite al peggio”, ha reagito su Telegram l’associazione russa Feminist resistance to war, che sostiene i diritti della comunità lgbt+. “Un giorno tutto questo finirà, ma per ora dobbiamo cercare di resistere”.

“Le autorità potrebbero perseguire penalmente personaggi pubblici e attivisti per creare un clima di paura”, ha dichiarato Maksim Oleničev, un avvocato dell’ong Pervy Otdel, che difende le vittime della repressione in Russia.

Finora le persone lgbt+ accusate di “propaganda” rischiavano multe pesanti, ma non il carcere.

Nell’ultimo decennio i loro diritti sono stati drasticamente ridotti sotto la spinta del presidente Vladimir Putin e della chiesa ortodossa, che sostengono di voler eliminare comportamenti devianti importati dall’occidente.

“Un nuovo picco di follia”

Ian Dvorkin, fondatore dell’ong Centre T, che difende le persone transgender, è fuggito dal paese per paura di essere perseguito per “estremismo”.

“Lavorare in Russia sta diventando impossibile”, ha dichiarato all’Afp. “Chi sceglie di rimanere dovrà rinunciare alle sue idee o darsi alla clandestinità”.

Secondo Dvorkin, il processo a un movimento che non esiste ufficialmente in Russia costituisce “un nuovo picco di follia”.

“Chiunque potrebbe essere accusato di estremismo”, ha dichiarato, aggiungendo che “sempre più persone” chiedono aiuto per lasciare il paese.

Dal 2013 una legge vieta la “propaganda delle relazioni sessuali non tradizionali rivolta a persone minorenni”.

La legge è stata poi ampliata alla fine del 2022 per vietare la “propaganda rivolta a tutti i tipi di pubblico, nei mezzi d’informazione, su internet, nei libri e nei film.

A luglio i deputati russi hanno approvato una legge che prende di mira le persone transgender, vietando le transizioni di genere, compresi gli interventi chirurgici e le terapie ormonali.