Un poliziotto a un posto di blocco vicino a New Delhi, il 13 febbraio 2024. (Sajjad Hussain)

Le forze di sicurezza indiane hanno sparato gas lacrimogeni il 13 febbraio per impedire a migliaia di agricoltori di raggiungere la capitale New Delhi, dopo il fallimento dei negoziati con il governo.

Gli scontri si sono verificati vicino ad Ambala, a nord di New Delhi, dove la polizia aveva eretto delle barriere in acciaio e cemento per bloccare gli agricoltori. Barriere simili sono state installate su tutte le strade che conducono nella capitale dagli stati confinanti.

Intanto, le autorità hanno vietato tutti i raduni pubblici con più di cinque persone a New Delhi.

Il 13 febbraio molti convogli di trattori si sono diretti verso la capitale dai vicini stati del Punjab, dell’Haryana e dell’Uttar Pradesh.

“Abbiamo cercato di risolvere i nostri problemi con il dialogo, ma il governo non sembra disposto a venirci incontro”, ha dichiarato alla stampa Sarwan Singh Pandher, capo di un sindacato di agricoltori del Punjab.

La marcia su New Delhi ricorda quella del 26 gennaio 2021, quando gli agricoltori sfondarono i blocchi della polizia ed entrarono nella capitale in occasione della festa della repubblica, dopo mesi di proteste contro la liberalizzazione dei mercati agricoli.

In India gli agricoltori hanno un grande peso politico, che potrebbe condizionare le prossime elezioni legislative, previste ad aprile. Due terzi degli 1,4 miliardi di abitanti del paese vivono infatti di agricoltura, che rappresenta quasi un quinto del pil.

Gli agricoltori chiedono al governo, guidato da Narendra Modi, di fissare un prezzo minimo per i loro raccolti e di cancellare i loro debiti.

“Il governo dovrebbe ascoltare gli agricoltori invece di sparargli contro”, ha affermato Randeep Surjewala, un deputato d’opposizione originario dello stato dell’Haryana.

Le ultime proteste degli agricoltori sono durate più di un anno, fino all’autunno del 2021. Più di settecento persone sono morte nella repressione.

Migliaia di agricoltori si suicidano ogni anno in India a causa della povertà, dei debiti e della perdita di raccolti legata alla crisi climatica.