Theo Rouby, Afp

Il presidente Emmanuel Macron ha deciso il 15 maggio di proclamare lo stato d’emergenza in Nuova Caledonia, un arcipelago francese dell’oceano Pacifico scosso da violenti scontri che hanno causato quattro morti e centinaia di feriti. I disordini sono stati innescati da un progetto di riforma costituzionale contestato dal movimento indipendentista.

“Gli atti di violenza sono intollerabili e saranno puniti duramente”, ha affermato in un comunicato la presidenza francese, secondo la quale il decreto sullo stato d’emergenza sarà approvato formalmente dal consiglio dei ministri nel pomeriggio.

Macron ha anche ribadito “la necessità di riprendere il dialogo in Nuova Caledonia”, un territorio colonizzato dalla Francia nell’ottocento che oggi, secondo il rappresentante del governo francese, sta vivendo una “situazione insurrezionale”.

I primi scontri si sono verificati il 13 maggio durante una manifestazione contro la riforma costituzionale, e sono stati seguiti da due notti di violenze. Il bilancio provvisorio è di quattro vittime, tra cui un gendarme colpito da un proiettile alla testa.

Centinaia di persone sono rimaste ferite, tra cui circa cento poliziotti e gendarmi, ha affermato il ministro dell’interno Gérald Darmanin. “Ci troviamo in una situazione insurrezionale”, ha dichiarato l’alto commissario francese Louis Le Franc.

Nonostante il coprifuoco in vigore nel capoluogo Numea, le violenze sono riprese nella notte tra il 14 e il 15 maggio con incendi, saccheggi e scontri. L’aeroporto di Numea è chiuso dal 13 maggio.

Canachi emarginati

Il progetto di riforma costituzionale che ha scatenato la rabbia del movimento indipendentista è stato approvato dall’assemblea nazionale francese nella notte tra il 14 e il 15 maggio. Prima di entrare in vigore dovrà essere approvato a maggioranza qualificata del 60 per cento dal congresso, che riunisce deputati e senatori in seduta comune.

La riforma estende l’elettorato per le elezioni provinciali nell’arcipelago a tutte le persone nate in Nuova Caledonia e ai residenti da almeno dieci anni.

Il movimento indipendentista sostiene che il provvedimento emarginerà ulteriormente i canachi, gli abitanti autoctoni dell’arcipelago.

In una dichiarazione congiunta emessa il 15 maggio, i principali partiti lealisti e indipendentisti hanno lanciato un appello alla calma.