Meno di ventiquattr’ore dopo essere state bloccate da un tribunale commerciale, le tariffe doganali volute da Donald Trump sono state temporaneamente ripristinate il 29 maggio da una corte d’appello statunitense.

Il 28 maggio la corte per il commercio internazionale degli Stati Uniti (Itc) aveva stabilito che Trump aveva abusato dei suoi poteri imponendo sovrapprezzi sulle merci, perché questa è una prerogativa del congresso.

La decisione dell’Itc aveva bloccato sia le tariffe imposte a Canada, Messico e Cina sia i dazi “reciproci” annunciati all’inizio di aprile, la cui applicazione al di sopra della soglia del 10 per cento era stata rinviata all’inizio di luglio.

La decisione dell’Itc è stata criticata dalla Casa Bianca, ma accolta con favore dai principali partner commerciali degli Stati Uniti, con la Cina che ha perfino chiesto la “cancellazione totale” dei dazi.

La Casa Bianca ha annunciato di voler chiedere la sospensione temporanea della decisione dell’Itc.

Poche ore dopo la corte d’appello ha accolto la richiesta del governo.

La decisione dell’Itc ha suscitato il disappunto della Casa Bianca, che ha definito la sentenza “manifestamente sbagliata” e ha espresso fiducia “che questa decisione sarà annullata in appello”.

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Da parte sua, la Cina ha esortato gli Stati Uniti a “cancellare completamente i dazi unilaterali ingiustificati”, a seguito della decisione dell’Itc, secondo un portavoce del ministero del commercio.

“Il governo accoglie con favore la decisione di ieri”, ha dichiarato il primo ministro Mark Carney al parlamento canadese. “Conferma la posizione del Canada, che considerava questi dazi illegali e ingiustificati”.

Tuttavia, “riteniamo che le nostre relazioni commerciali con gli Stati Uniti restino profondamente minacciate” dai dazi ancora applicati su acciaio e alluminio, così come sul settore automobilistico, ha aggiunto Carney, che spera di “rafforzare la nostra collaborazione con partner commerciali e alleati affidabili in tutto il mondo”.

Nel dettaglio, i giudici hanno stabilito che il presidente non può invocare l’Emergency economic response act del 1977 (Ieepa) per imporre per decreto “un sovrapprezzo illimitato su prodotti provenienti praticamente da qualsiasi paese”, secondo la sentenza visionata dall’Afp.

Per i giudici, i decreti adottati “eccedono i poteri conferiti al presidente dall’Ieepa per regolamentare le importazioni”, che gli consente solo “di adottare le sanzioni economiche necessarie in caso di emergenza per contrastare una minaccia ‘straordinaria e insolita’”.

Qualsiasi interpretazione che gli deleghi “autorità illimitata sui dazi doganali è incostituzionale”, hanno insistito i giudici.

In un parere scritto che accompagnava la decisione, uno dei giudici, il cui nome non è stato reso noto, ha ritenuto che ciò “costituirebbe una cessione del potere legislativo al potere esecutivo”, il che è contrario alla costituzione degli Stati Uniti.

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La corte si è pronunciata in seguito a due ricorsi, uno presentato da un’alleanza di dodici stati americani, tra cui Arizona, Oregon, New York e Minnesota, e l’altro da un gruppo di aziende americane, che accusavano Donald Trump di arrogarsi poteri appartenenti al congresso.

Il 2 aprile, il presidente Trump ha annunciato i cosiddetti dazi “reciproci”, destinati a essere applicati a tutti i paesi del mondo, prima di fare marcia indietro di fronte al crollo dei mercati finanziari, concedendo una pausa di 90 giorni, pur mantenendo una tariffa minima del 10 per cento con lo scopo di aprire le porte ai negoziati commerciali.

Dopo una fase di stallo e un’escalation della guerra commerciale, Pechino e Washington hanno finalmente concordato a metà maggio il ritorno a dazi del 10 per cento sui prodotti americani e del 30 per cento sui prodotti cinesi. Il 29 maggio, tuttavia, in seguito alla sentenza della corte del commercio internazionale, il portavoce del ministero del commercio cinese ha denunciato il protezionismo americano come “non vantaggioso per nessuno”.