27 dicembre 2023 16:12

È arrivato il momento. Dopo aver pubblicato su Internazionale quelli del New Yorker e la top ten dei Cahiers du Cinéma, qui di seguito, più o meno in ordine cronologico rispetto alla loro uscita in sala o su una piattaforma di streaming, i film che ho preferito nel 2023. Non è una classifica, non pretendo di dare un panorama esaustivo. È solo un elenco, parziale, tendenzioso, incompleto, imperfetto e caotico di qualche film che mi voglio portare dietro. Quindi i titoli sono tanti, ma ci sono anche tanti buchi.

Ritorno a primavera

Cominciamo con Gli spiriti dell’isola di Martin McDonagh: l’isola di Inisherin è un luogo dello spirito, dove siamo stati tutti almeno una volta, e vale sempre la pena di tornarci.

In Tutta la bellezza e il dolore di Laura Poitras, Leone d’oro a Venezia 2022, le mille e una vita della fotografa Nan Goldin. Il titolo descrive molto bene quello che ci aspetta.

Benedetta di Paul Verhoeven è selvaggio, barocco, un po’ assurdo, a tratti spiacevole, come tanti film del suo autore.

È strano che un film come Women talking di Sarah Polley, così attuale per come mette di fronte agli orrori profondi del patriarcato attraverso un lungo e articolato dibattito tra donne, sia passato quasi inosservato.

Le mura di Bergamo di Stefano Savona racconta il momento più acuto della pandemia, quando tutto il mondo guardava a quello che succedeva in Lombardia, ma fa anche riflettere su tutto quello che abbiamo già rimosso, ma probabilmente non superato.

Terra e polvere di Li Ruijun è una straziante storia d’amore ambientata in una Cina rurale da cui i sentimenti, ma forse l’umanità stessa, sono banditi.

Che succede se lo stato incentiva gli anziani a “togliersi di mezzo”? Plan 75 di Chie Hayakawa, visto al Far East film di Udine, prende spunto da un dibattito che in Giappone esiste davvero. E che con una popolazione che invecchia così rapidamente non possiamo ignorare neanche noi.

Lontani dal paradiso

Sono talmente tanti i motivi per apprezzare Pacifiction di Albert Serra che fatico a sceglierne uno. Scelgo la regia geniale del regista francese che ci mette al centro di tutta l’ambiguità e la goffaggine del mondo occidentale alle prese con un paradiso perduto che continuiamo a calpestare allegramente.

Con Rapito, Marco Bellocchio ci fa scoprire un capitolo oscuro di una storia di intolleranza e prevaricazioni che sembra infinita.

Action, fantasy, thriller e anche un po’ comico. Come ha scritto Rebecca Harrison di Sight & Sound: “Con Polite society, la regista Nida Manzoor espande i parametri del kitchen-sink drama, strappando il lavello dal muro e scagliandolo verso il pubblico”.

In Silent land, con poche e mirate forzature, la giovane regista polacca Aga Woszczyńska ci mette in riva al mare, di fronte a tante contraddizioni.

A cavallo di Barbenheimer

A thousand and one di A.V. Rockwell ci illustra perché, per tante persone, il concetto di “sistema” è una cappa minacciosa che ci impedisce di vivere al sole.

Animali selvatici di Cristian Mungiu è una radiografia che mostra tanti mali che crescono al centro dell’Europa, da cui non si salvano nemmeno gli orsi.

Oppenheimer di Christopher Nolan è uscito al momento giusto, anche sfruttando l’onda di Barbie di Greta Gerwig. È il film che ci ha riportati tutti in sala.

Io capitano è un film molto più coraggioso di quello che potrebbe sembrare, e Matteo Garrone è un grande autore.

Autunno dorato

Il caftano blu di Mariam Touzani è una piccola opera molto preziosa dal cuore sovversivo.

Pensavo che sarebbe stato impossibile, e invece Asteroid City è il film che mi ha riconciliato con Wes Anderson.

In The creator, Gareth Edwards usa cliché ed ellissi per dimostrare che può esistere una fantascienza “sostenibile”.

Metti Halloween e Ritorno al futuro nel frullatore ed ecco Totally killer di Nahnatchka Khan. Ma davvero gli anni ottanta erano così selvaggi?

In Killers of the flower moon Martin Scorsese dà una lettura criminale della storia americana (e non solo) dove le vittime sono consapevoli e i carnefici sono dei disperati.

La verità non esiste in Anatomia di una caduta di Justine Triet, Palma d’oro 2023. Decidiamo noi.

C’è ancora domani di Paola Cortellesi al festival di Roma è stata una bella sorpresa. Poi è diventato un fenomeno.

The killer non è il miglior film di David Fincher, eppure io guarderei “i non migliori film” di David Fincher tutti i giorni della settimana.

Napoleon sì, Napoleon no. Io dico “ma sì”. Con la cottage pie di Ridley Scott mi sono divertito.

Continuo a sorprendermi pensando a La chimera. Grazie Alice Rohrwacher.

Alice Rohrwacher racconta una scena di La chimera


Forse Fingernails di Christos Nikou è la commedia romantica giusta per i tempi in cui viviamo.

Con Il cielo brucia di Christian Petzold siamo di nuovo in riva al mare per scoprire che non possiamo più ignorare quello che accade intorno a noi.

In Adagio di Stefano Sollima anche Roma brucia. È il momento di andare altrove? Sempre che si riesca a raggiungere la stazione Tiburtina.

E Ferrari, sì o no? E qui dico: “Perché no?”. Anche perché non c’e solo Adam Driver nel supercast del film di Michael Mann.

Maestro di e con Bradley Cooper è la biografia di Leonard Bernstein, ma ancora di più il racconto di un amore difficile e una riflessione sul talento, la fama e le convenzioni sociali.

Questo testo è tratto dalla newsletter Schermi.

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