05 dicembre 2017 13:02

Entro gennaio il parlamento europeo potrebbe approvare una norma che renderà più facile respingere i richiedenti asilo verso “paesi terzi sicuri”, una categoria molto estesa di stati extraeuropei in cui potrebbe rientrare anche la Libia, mentre il paese è al centro dell’ondata d’indignazione provocata dal video della Cnn che denuncia la tratta degli schiavi a Tripoli. Secondo la proposta di legge, chiamata Regolamento procedure, i paesi europei potrebbero infatti non accettare le richieste d’asilo di persone che siano anche solo transitate in paesi considerati “sicuri”.

La norma – proposta dalla Commissione europea – è in fase di discussione nel parlamento europeo e dovrebbe essere approvata dalla Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del parlamento (Libe) entro gennaio. In particolare è sotto accusa l’articolo 45 della proposta, che definisce “sicuro” anche un paese che non abbia ratificato la convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati e che non abbia adottato una legge sull’asilo.

L’articolo, infatti, sostiene che uno stato è sicuro se “i richiedenti non devono temere né per la loro vita né per la loro libertà a causa della loro razza, la loro religione, nazionalità, appartenenza a un particolare gruppo sociale o opinione politica”. Un paese può essere dichiarato sicuro, però, anche se una o più regioni al suo interno sono in guerra o se alcune categorie di persone subiscono minacce.

Il diritto d’asilo sotto attacco
Secondo l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), il concetto di “paese terzo sicuro” insieme a una serie di altri punti contenuti dalla norma (come il paese d’origine sicuro, le procedure accelerate di asilo e la procedura di frontiera) rappresenta una minaccia per la garanzia del diritto d’asilo in Europa, uno dei pilastri della cultura giuridica europea e potrebbe di fatto “svuotare” di contenuti la Convenzione di Ginevra del 1951.

Attualmente ogni domanda di asilo deve essere valutata su base individuale, tenendo conto dei pericoli scampati e delle violenze subite dalla persona che chiede protezione. Ma se la norma fosse approvata, migliaia di persone potrebbero essere rimandate indietro nel paese non europeo più vicino con cui l’Unione europea ha concluso degli accordi in base al Regolamento procedure.

Il concetto di “paese terzo sicuro” era già contenuto nella direttiva procedure, approvata il 26 giugno 2013, ma ora potrebbe diventare un regolamento, quindi una norma adottata obbligatoriamente dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’Unione europea. Al momento infatti solo due paesi europei – l’Ungheria e la Grecia – hanno adottato la direttiva e hanno respinto i richiedenti asilo rispettivamente in Serbia e in Turchia, considerandoli “paesi terzi sicuri”.

Si dovrebbe evitare che i paesi di frontiera diventino una specie di limbo per i richiedenti asilo delle nazionalità non desiderate

L’avvocato Salvatore Fachile dell’Asgi spiega che nella direttiva del 2013 la procedura è applicata in casi eccezionali e in presenza di “un forte legame” del richiedente asilo con il paese terzo. “Per esempio quando un richiedente asilo eritreo aveva vissuto in Canada per dieci anni prima di trasferirsi in Europa e chiedere l’asilo. In quel caso lo stato europeo poteva decidere di non accettare la richiesta d’asilo e rimandare il cittadino eritreo in Canada, considerandolo paese terzo sicuro”, spiega Fachile.

“Nella nuova norma però basta che il richiedente asilo sia ‘transitato’ in un paese considerato sicuro per decidere di non accettare la sua domanda d’asilo”, aggiunge. “La procedura diventerebbe sistematica e sarebbe compilata una lista al livello europeo dei paesi considerati sicuri, che si andrebbe ad aggiungere alla lista compilata da ogni singolo paese membro”, spiega Fachile. Con l’articolo 45, tutti i paesi di transito nelle rotte dell’immigrazione potrebbero diventare “paesi terzi sicuri”. “La Libia è forse un esempio estremo, ma di sicuro il Niger potrebbe entrare in questa lista”, aggiunge Fachile. “La violazione sarebbe molto grave”, perché si delegherebbe a un paese che non ha riconosciuto la Convenzione di Ginevra la valutazione della richiesta di protezione di una persona che ha già fatto domanda d’asilo in Europa.

Secondo l’avvocato dell’Asgi, in Grecia con l’accordo tra Unione europea e Turchia sui migranti del marzo del 2016 sono state sperimentate illegalmente alcune pratiche come il respingimento verso “paesi terzi sicuri” e ora si sta provando a incardinarle in una proposta di legge per trasformarle in princìpi strutturali. Inoltre ci sono altri punti della proposta di legge che preoccupano i giuristi, per esempio il principio del “paese d’origine sicuro” che costringerebbe i paesi membri a stilare un’altra lista, in cui sarebbero elencati tutti i paesi d’origine considerati sicuri dall’Unione europea.

“Nel caso di richiedenti asilo provenienti da questi paesi d’origine ci sarebbe una procedura accelerata della domanda di asilo, che elimina le garanzie del ricorso e favorisce i rimpatri forzati”, spiega Fachile. Infine il terzo problema della proposta di legge è la “procedura di frontiera” che prevede la detenzione per i migranti e i richiedenti asilo fino a quattro settimane nel luogo d’ingresso in Europa.

“Con la nuova legge ogni singolo stato potrà adottare una procedura di frontiera in automatico, senza nessuna legge ad hoc”, aggiunge. Secondo l’Asgi, l’insieme di queste norme porterebbe alla detenzione dei richiedenti asilo nei paesi di frontiera come l’Italia e la Grecia, che poi avrebbero l’onere di valutare le domande d’asilo in maniera accelerata e di rimpatriare o respingere nei paesi di origine o nei paesi di transito i migranti e i richiedenti asilo arrivati nel territorio europeo.

Al momento è in corso una discussione nella commissione Libe del parlamento europeo e la relatrice della legge, l’europarlamentare Laura Ferrara del Movimento 5 stelle, ha proposto dei compromessi “che apportano numerosi miglioramenti alla proposta della Commissione europea”, aggiunge Fachile. Tuttavia i prossimi trenta giorni saranno determinanti per capire che direzione prenderà il diritto d’asilo in Europa. “Si dovrebbe evitare che i paesi di frontiera diventino una specie di limbo per i richiedenti asilo delle nazionalità non desiderate. Che è un po’ quello che sta succedendo in Grecia”, conclude l’avvocato.

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