23 dicembre 2019 12:41

Il 21 dicembre il consiglio regionale del Lazio ha approvato un emendamento al bilancio che prevede lo stanziamento di 2,4 milioni di euro per salvare la casa rifugio per donne vittime di violenza Lucha y siesta di Roma. L’edificio, nel quartiere Tuscolano, è stato occupato da un gruppo di attiviste nel 2008 e si è trasformato in un punto di riferimento per le donne nella capitale per le sue attività di centro antiviolenza, di casa rifugio per vittime di violenza, ma anche per le sue attività culturali. Tuttavia dal 15 settembre la struttura, di proprietà dell’Atac (l’azienda del trasporto pubblico locale) era a rischio di essere sgomberata, dopo che il tribunale aveva comunicato che sarebbe stata messa all’asta.

Le attiviste da quel momento hanno cominciato una campagna per salvare la casa, costituendo il comitato “Lucha alla città” con l’idea di raccogliere i soldi per creare una fondazione e partecipare all’asta giudiziaria per ricomprare l’edificio. Obiettivo molto ambizioso perché il valore dell’immobile era stato fissato a due milioni di euro. Le attiviste avevano chiesto alle istituzioni di garantire almeno il diritto di prelazione per l’acquisto dell’immobile. Ma dopo mesi di raccolta fondi e di decine di iniziative in sostegno della struttura, diventata un simbolo della mancanza di posti per vittime di violenza nella capitale, la regione Lazio ha stanziato delle risorse che potrebbero permettere sia di ricomprare l’immobile dall’Atac sia di acquistare un altro immobile che consenta di aprire una struttura simile a quella esistente altrove, senza che interrompere il servizio.

Solo un inizio
In tutto a Roma sono disponibili 25 posti letto per donne che scappano dalla violenza, mentre secondo la convenzione di Istanbul in una città delle sue dimensioni dovrebbero essere trecento. La casa rifugio Lucha y siesta al momento fornisce il 60 per cento dei posti letto disponibili nella capitale. Inoltre nelle altre quattro case rifugio attive a Roma le donne vittime di violenza possono essere ospitate per un periodo massimo di sei mesi. Secondo le operatrici e gli esperti, invece, per una donna che ha subìto violenza c’è bisogno di almeno un anno per rimettersi in sesto e ricostruire un percorso di autonomia, soprattutto se ci sono dei figli. A undici anni dalla nascita del progetto Lucha y siesta, tuttavia, la mancanza di strutture per le donne che vogliono uscire da una situazione di violenza è ancora un problema strutturale nella capitale.

Soddisfazione è stata espressa dai dieci consigliere e consiglieri firmatari dell’emendamento: Michela Di Biase, Marta Leonori, Eleonora Mattia eFabio Refrigeri del Pd; Marta Bonafoni, Gino De Paolis e Gianluca Quadrana della lista Civica Zingaretti; Marco Cacciatore del Movimento 5 stelle; Alessandro Capriccioli di +Europa Radicali; Daniele Ognibene di Leu. L’obiettivo, hanno spiegato, è stato “mettere in sicurezza un’esperienza unica in Italia e stimata anche oltre i nostri confini, capace in undici anni di restituire vita e autonomia a centinaia di donne e bambini e in pochi mesi di mobilitare intorno alla propria battaglia intellettuali e semplici cittadini, artisti e giornali, quartieri e istituzioni”.

Le attiviste di Lucha y siesta hanno accolto la notizia dei fondi regionali con sollievo: “Le informazioni che ci arrivano dalle regione ci riempiono di speranza e nuova energia per portare avanti la nostra battaglia”, ha commentato Simona Ammerata. ma allo stesso tempo hanno chiesto chiarimenti sui prossimi passi previsti: “Ci auguriamo che si chiariscano al più presto i tempi e le modalità dei successivi passaggi”. Al momento abitano nella casa 17 donne che hanno subìto violenze psicologiche, fisiche o economiche soprattutto dai loro familiari, in particolare dai mariti o dai compagni. In undici anni di attività la casa ha dato ospitalità a più di cento donne con i loro figli. “Sappiamo che nulla sarebbe potuto accadere senza la nostra convinzione di essere nel giusto e la solidarietà il sostegno di una comunità ampia che conta migliaia di donne e persone in tutta Italia che si sono attivate in questo periodo e che hanno fatto nascere il comitato Lucha alla città”, ha detto Ammerata.

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