27 settembre 2019 16:48

Più di metà delle specie di alberi endemici d’Europa rischia l’estinzione. È la preoccupante conclusione dell’ultimo rapporto dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn), l’istituzione che si occupa di valutare lo stato di conservazione di tutte le specie animali e vegetali conosciute. Delle 454 specie di alberi native, cioè originarie dell’Europa, il 42 per cento rischia di estinguersi sul continente. Questa percentuale sale al 58 per cento per le specie endemiche, cioè quelle che non esistono in nessun’altra parte del pianeta. Di queste, il 15 per cento è considerato critically endangered, l’ultimo gradino prima dell’estinzione in natura. Secondo l’Iucn le cause principali di questo declino sono l’introduzione di specie invasive, il disboscamento e l’espansione delle aree urbane.

Tra le specie minacciate ci sono anche alberi familiari come l’ippocastano, colpito dalla minatrice (Cameraria ohridella), un insetto originario dei Balcani ma ormai diffuso in tutta Europa. Le larve di minatrice si nutrono delle foglie dell’ippocastano, facendole ingiallire e cadere precocemente. Questo può portare alla morte dell’albero nel giro di qualche anno. Anche in molte regioni d’Italia è ormai comune vedere ippocastani dalla chioma ingiallita in piena stagione vegetativa.

Minacce importate
A differenza del disboscamento e della distruzione degli ecosistemi, i parassiti, i funghi e gli insetti nocivi possono sembrare fattori naturali, ma in realtà la loro diffusione è dovuta soprattutto all’azione dell’uomo. In molti casi arrivano insieme alle piante importate per scopi commerciali in aree del pianeta dove non hanno antagonisti naturali e dove le specie locali non hanno sviluppato una resistenza. Oltre alla Xylella fastidiosa, l’esempio più noto è l’Hymenoscyphus fraxineus, un fungo originario dell’Asia che sta decimando i frassini europei e nei prossimi anni potrebbe uccidere più del 90 per cento degli esemplari. Un’altra minaccia venuta dall’Asia è la grafiosi dell’olmo, che dagli anni sessanta è stabilmente radicata in Europa. La grafiosi uccide solo gli alberi maturi, ed è il motivo per cui in natura non esistono praticamente più olmi di altezza superiore a tre metri.

Il cambiamento climatico sta anche modificando la temperatura e l’umidità di molti ambienti, creando le condizioni perché le specie aliene possano insediarsi e quelle già presenti possano riprodursi più spesso, moltiplicando il loro impatto. È il caso dell’Ips typographus, il coleottero che sta devastando le foreste di abete rosso in molti paesi dell’Europa centrosettentrionale: la maggiore durata della stagione estiva gli consente di riprodursi più volte, rendendo comuni infestazioni di massa che un tempo si verificavano solo a molti anni di distanza.

Nel medio termine, inoltre, il cambiamento climatico provocherà lo spostamento delle fasce di vegetazione: le specie saranno costrette a migrare verso nord e verso maggiori altitudini, seguendo le variazioni della temperatura e delle precipitazioni. Quelle di alta montagna, però, non avranno nessun posto dove andare: le condizioni necessarie alla loro sopravvivenza non esisteranno più nel nostro continente. È il motivo per cui gran parte delle specie menzionate dal rapporto dell’Iucn appartiene proprio a questa categoria.

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