22 settembre 2018 13:01

Low, Quorum
Ascoltando il nuovo disco dei Low, Double negative, viene in mente La strada, il romanzo di Cormac McCarthy nel quale un padre e un figlio camminano in mezzo alle macerie di un’America colpita da una catastrofe non meglio specificata. Sono rimasti soli e portano “il fuoco”, metafora dell’ultimo residuo di umanità, in un mondo dove gli uomini sono diventati animali senza scrupoli.

In Double negative le voci di Alan Sparhawk e Mimi Parker, marito e moglie di fede mormona da Duluth, Minnesota, portano il fuoco, per riprendere l’immagine evocata da McCarthy. E si muovono in mezzo a un paesaggio sonoro frantumato con sapienza dal produttore BJ Burton (Bon Iver, James Blake e altri). Burton ha usato l’elettronica per decomporre il rock tetro della band statunitense, com’era successo nel precedente Ones and sixes. Ma in quel disco l’elettronica era un contorno, qui è il mezzo espressivo principale.

Parlare dei singoli brani dell’album ha poco senso, perché Double negative è un unico lungo respiro. Dal loop che apre Quorum alla coda di Disarray, il solo brano vagamente pop in scaletta, non ci sono pause emotive e si è totalmente immersi nella desolazione.

Le influenze che vengono in mente ascoltando questo disco sono tante, dai Boards of Canada a Brian Eno (The son, the sun sembra uscita dalla serie Ambient music), ma anche Aphex Twin e ovviamente i Radiohead, maestri nel costruire ponti tra rock ed elettronica. L’unico brano dominato dalle chitarre è Dancing and fire, mentre quello che finora mi ha colpito di più – oltre all’incredibile tripletta iniziale formata da Quorum, Dancing and blood e Fly – è Always trying to work it out, che sembra un brano di Ok computer fatto a pezzi con l’accetta, con quelle immagini tratte dal quotidiano così semplici eppure così inquietanti, un po’ alla Don DeLillo.

Double negative dà un sacco di spunti e viene voglia di accostargli tante cose, non solo musicali. Forse è il miglior album dei Low, a più di vent’anni dal loro esordio I could live in hope. È uno dei dischi emotivamente più intensi degli ultimi mesi ed è sicuramente uno dei più belli del 2018.

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Noname, Window
Un disco rap femminista, con basi soul e testi intelligenti. Se dovessimo riassumere Room 25 di Noname con poche parole chiave probabilmente useremmo queste. Mentre tutti sono presi dalle risse tra Cardi B e Nicki Minaj, è uscito un ottimo album rap fatto da una donna, musicalmente un po’ più raffinato di quelli pubblicati quest’anno dalle reginette litigiose del rap statunitense.

Noname, al secolo Fatimah Nyeema Warner, è nata a Chicago e ha un flow invidiabile. È una poeta, oltre che una musicista, e questo è il suo disco d’esordio dopo il mixtape Telefone. Room 25 è ispirato al suo trasferimento da Chicago a Los Angeles e, soprattutto, alla perdita della verginità a 25 anni. Parla molto di sesso, in modo divertente e sboccato, ma riflette anche sulla società statunitense in modo più ampio. Una bella sorpresa.

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Salmo, 90MIN
Come già scritto più volte da queste parti, Salmo è un rapper unico nel panorama italiano. Perché ha un flow impressionante, ma sa anche mescolare i generi. Perché le basi dei suoi brani sono sempre di qualità e perché dal vivo è in assoluto il performer più travolgente della scena. Il suo nuovo disco, Playlist, dovrebbe uscire entro la fine dell’anno e questo è il primo singolo.

90MIN è un pezzo a suo modo spiazzante, perché è meno rap di quello che era lecito aspettarsi. Nel ritornello Salmo canta e non rappa, per esempio. Il brano ha una base elettronica un po’ anni novanta ed è a suo modo una protest song, con alcuni versi interessanti come “I razzisti che ascoltano hip hop, qualcosa non torna”, “Aprono i conti ma chiudono i porti” e soprattutto “Prima di essere un vero italiano cerca di essere umano”. Un buon antipasto, in attesa del disco e dei due concerti nei palazzetti.

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Nan Kolè x Prynce Mini, Drop that
Francesco Cucchi, il producer romano che si nasconde dietro al nome Nan Kolè, è in fissa con la musica africana. È grazie a lui, del resto, se l’Europa e il resto del mondo hanno scoperto il gqom, l’elettronica sudafricana che viene dalle township di Durban.

La musica di Nan Kolè infatti non prescinde mai da questi ritmi, e il suo ultimo singolo Drop that, composto e registrato insieme al cantante londinese Prynce Mini, non fa eccezione. In questo pezzo ai ritmi africani si aggiungono quelli giamacani del reggae e quelli britannici del grime.

Nan Kolè e il musicista sudafricano Citizen Boy sabato 6 ottobre saranno ospiti di Internazionale a Ferrara e terranno un dj set in piazza. Venite a sentirli, non ve ne pentirete.

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Forest Swords, Crow
Questo pezzo l’ho scelto quasi più per il video che per la musica. In realtà il britannico Matthew Barnes, meglio conosciuto come Forest Swords, è una garanzia di qualità. Ma quello che rende particolarmente interessante il nuovo singolo Crow, inizialmente composto per la serie Dj kicks, in effetti è la parte visuale, tratta dal progetto Tomorrow’storeys di Liam Young. Nelle animazioni si intravede un futuro (un po’ distopico) di Atene. Inquietante, ma affascinante.

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