15 marzo 2018 15:56

Gentile bibliopatologo,
mi trovo in una situazione ben strana. Amo la lettura e amo perdermi completamente in un buon libro, dal quale mi faccio rapire e che divoro nel giro di ore, dimenticandomi di tutto il resto. Il mio problema è che non leggo mai. Non perché non ne abbia il tempo, o la voglia, semplicemente perché non sopporto di leggere un libro che non mi piace, che non riesce a rapirmi. Ma non sapendo, com’è naturale che sia, se un libro mi piacerà o meno prima di averlo letto, mi trovo in una dolorosa situazione di stallo. Smanio dalla voglia di leggere ma non leggo per la paura di pentirmene maledicendomi per l’investimento emotivo sprecato. C’è ancora speranza?
– Marco

Caro Marco,
se cerchi sul dizionario Battaglia l’aggettivo “intonso”, dopo aver scorso le accezioni che interessano solo i parrucchieri o i giardinieri, troverai almeno due usi che fanno al caso tuo – l’uno estensivo, l’altro figurato. Il primo riguarda molto direttamente il nostro ambito: “Che ha i fogli non ancora tagliati, non rifilato (un libro); che presenta il margine intatto (la pagina di un libro). Anche: che non è mai stato aperto né letto”. Il secondo, invece, ha a che fare con le donne: “Figur. Illibato. ‘Ha replicato che la sua ragazza è ancora intonsa; e che, con lei, giuoca soltanto’ (Bartolini)”.

In effetti, prima della rifilatura meccanica, l’approccio a un libro appena uscito dai torchi dello stampatore aveva qualcosa di una deflorazione: solo facendo scorrere un tagliacarte lungo le piegature dei fogli si potevano separare le pagine e immergersi nella lettura.

Il bibliofilo puro, che è un po’ come l’amante contemplativo, varca quella soglia con grande riluttanza e inibizione, diceva Umberto Eco: “Ci sono bibliofili, che io non approvo ma capisco, i quali – avuto un libro intonso – non ne tagliano le pagine per non violare l’oggetto che hanno conquistato”. Da molto tempo la lettura non è più condizionata a questa deflorazione preliminare, e il peggio che capiti di dover fare a un libro è rimuovere la pellicola trasparente che lo avvolge. Diciamo pure, per restare in metafora, che basta spogliarlo del suo attillatissimo abitino di cellophane.

Perché questo accostamento tra il libro illibato e la vergine intonsa? Perché tu, caro Marco, ti preoccupi davvero un po’ troppo dell’onore dei libri. “Smanio dalla voglia di leggere ma non leggo per la paura di pentirmene”: pare di sentire un coscienzioso giovanotto d’altri tempi il quale, consapevole delle responsabilità che sarebbero discese dal suo capriccio, non osasse accostarsi alla giovane timida con cui pure, nella chiesa del paese, si scambiava ogni domenica occhiate ardenti.

Non ti ho mai visto alle prese con un libro nuovo, ma sospetto che la scena non sfigurerebbe in uno di quei bellissimi film di cinquant’anni fa come Sedotta e abbandonata di Germi, La ragazza con la pistola di Monicelli o La moglie più bella di Damiani. È dal 1981 che in Italia non esiste più il cosiddetto matrimonio riparatore; e tu vorresti introdurre la lettura riparatrice?

Mettiti in testa una cosa: alle donne si deve ogni riguardo, ma con i libri è lecito essere mascalzoni. Puoi sedurli e abbandonarli, comprometterli agli occhi del mondo o del loro padre (l’autore), portarteli a spasso per una “fuitina”, rapirli, ingannarli, averne dieci in contemporanea, farci i tuoi comodi per poi passarli a un lettore ancora più mascalzone di te. I libri non hanno onore e non c’è legge morale o d’altro genere che ti vincoli a rispettarli. Prendi esempio da quel magnifico libertino di Ennio Flaiano, che così descrisse il modo di leggere proprio dei grandi lettori:

Si tratta di non abbandonare mai ‘quel’ libro, di lasciarlo e riprenderlo, di ‘andarci a letto’. Ma poiché questo modo è suggerito soltanto dai grandi autori, col tempo si resta circondati soltanto da ottimi libri. E si diventa perfidi, si arriva a capire un libro nuovo ad apertura di pagina, a liberarsene subito. E se invece il libro convince, a lasciarlo per qualche tempo sempre a portata di mano, sul tavolo o sul comodino, poiché la sua sola vista procura un vero piacere.

La rimozione del cellophane non ti impegna a nulla, caro Marco. Se dopo qualche pagina un libro ti annoia o ti disgusta, non è che te lo devi sposare: buttalo pure fuori dal letto, e vedrai che, usando la dovuta crudeltà, presto ti sarai creato un harem di grandi autori. Al pari della leggendaria Giovannona Coscialunga del film con Edwige Fenech, una biblioteca può essere “disonorata con onore”. Anzi, non aspetta altro.

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it.

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