29 marzo 2018 17:15

Caro bibliopatologo,
si può credere di vivere nella vita reale alcuni legami speciali incontrati nei libri? A volte temo di caricare di aspettative da romanzo rapporti e persone, che invece appartengono alla “normalità” della vita quotidiana. Qual è il limite tra finzione letteraria e realtà, in materia di sentimenti? Quanto è grande il rischio di idealizzare un amore, se si sono lette le storie di Isabel Allende, Emily Brontë, Lev Tolstoj, Boris Pasternak?
–Laura

Cara Laura,
il quarantennale del caso Moro mi ha riportato alla mente uno dei miei piani di gioventù – e neppure il più astruso: dovresti sentire gli altri! – per diventare miliardario. Credo di averlo architettato grosso modo all’altezza del ventennale, quando oltretutto avevo la fidanzata in via Mario Fani, e se vent’anni dopo non sono ancora ricco, be’, posso incolpare solo la mia eroica pigrizia. Prima che pensi male, non progettavo un sequestro. Si trattava di scrivere, usando uno pseudonimo femminile, il romanzo umoristico di chick lit che avrebbe vendicato un’intera generazione (bella frase di lancio per la fascetta di copertina, non credi?). Lo pseudonimo ancora non ce l’avevo, neppure un titolo accattivante, a dirla tutta mi mancavano anche i personaggi, una trama dettagliata e un’idea plausibile di dove andare a parare. Insomma, non avevo quasi nulla.

Il canovaccio, però, era questo: la grande diva della commedia romantica americana, che immaginavo come una specie di Meg Ryan o Julia Roberts (te l’ho detto, l’idea è di vent’anni fa), arriva in visita a Roma per presentare il suo ultimo film. Ma non fa in tempo a calcare il red carpet che è rapita e messa sotto sequestro, proprio come Aldo Moro. La rivendicazione arriva a mezzo stampa: l’azione è opera di un commando composto da donne eternamente single, casalinghe disperate, mogli separate o divorziate, ragazze variamente frustrate, un’organizzazione terroristica che i giornali prendono a chiamare Brigate Rosa.

La loro vita sentimentale, scrivono nel comunicato numero uno, è stata devastata dai film della diva, e dalle aspettative irrealistiche sugli uomini e sull’amore che hanno alimentato in loro fin dall’adolescenza. Per questo hanno deciso di sottoporla a una sorta di processo proletario, in nome di tutte le raggirate. Il romanzo avrebbe documentato gli interrogatori, i capi d’accusa, i tentativi di liberare la sequestrata, i comunicati, la linea della fermezza, la linea della trattativa, le sedute spiritiche per individuare il covo, le trame occulte, gli appelli degli intellettuali e delle autorità religiose, infine la sentenza.

Il best seller non l’ho scritto (ti cedo volentieri l’idea per un milione di euro – trattabili: sono disposto a scendere fino a un paio di supplì); in compenso, posso darti gratuitamente la morale della favola. La finzione è un rischio per la vita amorosa? Tutta la storia della letteratura sta lì ad accertarlo, nel bene o nel male, da Don Chisciotte che trasfigura una contadinotta sua vicina nella nobile Dulcinea del Toboso a Madame Bovary che non trasfigura affatto il marito Charles, medico di campagna. E ti ho fatto solo i due esempi più comuni.

Ma allora qual è l’antidoto, leggere meno storie immaginarie? Al contrario. Il fatto è che abbiamo la testa piena di cattiva letteratura, senza bisogno che ci arrivi dai romanzi o dai film. Caviamo da noi stessi, come ragni, quei fili viscosi, e ne intessiamo un bozzolo in cui, per intrappolare gli altri, finiamo per intrappolarci da soli. Questa cattiva letteratura, che prende forma in qualche punto intermedio del nostro spirito – non abbastanza profondo per attingere alla zona in cui secondo alcuni albergano gli archetipi, ma non abbastanza superficiale per essere accessibile alla luce della piena coscienza – è fatta di canovacci di trame ancora più abborracciate della mia. Alcune di esse, regolarmente evocate dalle mie amiche quando vesto i panni del confessore – la crocerossina, la donna che ama troppo, quella destinata a soffrire, quella che incappa sempre negli uomini sbagliati… – sono diventate proverbiali.

Ecco, se mi chiedessero a che cosa serve la buona letteratura, risponderei senza indugi: a scacciare la moneta della cattiva letteratura, a correggere questi melodrammi dozzinali che il nostro affabulatore interiore compone senza tregua, perché non conosce altro modo di dar senso al mondo e agli uomini. Ti raccomando, se non lo hai già letto, un grande libro che potrà servirti come manuale per districarti dal bozzolo delle finzioni amorose: Menzogna romantica e verità romanzesca di René Girard. Ha moltissimi pregi, uno dei quali mi pare determinante: a differenza del mio processo brigatista al bovarismo, qualcuno meno pigro di me l’ha scritto davvero.

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it.

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