26 aprile 2018 16:03

Gentile bibliopatologo,
Riesco a leggere un libro soltanto se ci scrivo sopra. Non mi limito però a sottolineare rispettosamente a matita i passi più importanti; riempio le pagine di qualsiasi tipo di segno, avvalendomi di una personale legenda interpretativa; copro i margini di appunti, anche per traverso, senza rispettare il corpo del testo e spesso sovrapponendoli al medesimo. Mi spingo oltre: al carattere effimero della grafite preferisco quello ben più duraturo dell’inchiostro. Lo dico senza remore: amo sottolineare i libri a penna, e questo mi costa le accuse più feroci. Che fare?
Marcello

Caro dottore,
Quando qualcuno mi regala un libro e mi lascia una dedica, anche bella, sentita, io strappo via quella pagina. Come se fossi gelosa di quel libro, lo volessi pulito e nuovissimo. Mi dice perché?
Caterina

Caro Marcello, cara Caterina,

La buona notizia è che i vostri comportamenti sono perfettamente normali. La cattiva è che sono normali non tra gli esseri umani, ma nel mondo animale. In breve, mi state costringendo a fondare seduta stante la promettente branca della biblioetologia. Vi hanno mai parlato di “marcatura del territorio”? È un comportamento caratteristico di certi animali un po’ bulli chiamati, appunto, animali territoriali. Per far capire chi comanda nel loro quartiere, si servono dei mezzi più vari. I cani, in buona compagnia con i rinoceronti e altre bestie, usano l’urina. Gli ippopotami marcano il territorio con lo sterco, e tutto fa immaginare che siano molto persuasivi. Altri animali ancora, come alcuni marsupiali e roditori, preferiscono la saliva; del resto, tutti noi da bambini abbiamo leccato copiosamente un cono gelato pur di non doverlo offrire al fratellino o all’amico.

Voi due siete, ciascuno a suo modo, lettori territoriali. Tu, Marcello, ti ispiri alla lezione canina, cospargendo i libri di abbondanti minzioni di stilografica perché la semplice matita non ha secrezioni abbastanza odorose: ti prego tuttavia, per il tuo bene di umano, di non regredire troppo al di qua dell’inchiostro. “Ma come si permette”, mi dirai, “io lascio tracce sui libri per orientarmi nella lettura!”. Mi spiace deluderti, ma è lo stesso che fanno alcuni mammiferi, specie quelli che regnano su un territorio abbastanza esteso. La marcatura, in quel caso, non serve solo a ribadire il possesso ma ha funzione mnemotecnica. Mai sentito la frase “il cane ha lasciato un ricordino?”.

Il tuo caso, Caterina, è più sottile – oltre che decisamente più igienico – ma lo schema etologico è del tutto analogo. Solo che funziona in negativo: appena un libro entra in tuo possesso, senti l’urgenza di rimuovere la marcatura territoriale dell’altro animale-lettore, foss’anche una dedica romantica e ispirata. Poi magari il libro lo preservi immacolato, lustro da potertici specchiare, perché così ti piace; e in questo sei più simile a quegli uccelli che, per dare un chiaro segnale dissuasorio agli intrusi, si accontentano di sorvolare minacciosamente il loro regno.

“Ma insomma bibliopatologo, ci stai dando delle bestie!”. Non proprio, cari miei, non proprio. Diceva Sigmund Freud che la prima grande ferita narcisistica all’umanità l’ha inferta Copernico, rivelando che la Terra non è al centro del cosmo; la seconda è arrivata da Charles Darwin, che ci ha buttati giù dal piedistallo del creato e ha disonorato la nostra genealogia; la terza coltellata rivendicava di averla assestata lui stesso, Freud, dimostrandoci che non siamo padroni neppure in casa nostra, nel cui scantinato un inconscio capricciosissimo fa il buono e il cattivo tempo. Non sono io che vi sto dando delle bestie: sto solo un po’ rigirando il coltello nella piaga.

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it